lunedì 3 febbraio 2020

Modernità (e stile moderno)


Per quanto possa non piacere a chi non ama la retorica futurista, la modernità viene principalmente da una cosa: dalla guerra. Efficienza, rapidità, efficacia; mobilitazione di tutte le forze disponibili più in fretta possibile; organizzazione, ma soprattutto: semplificazione. Ciò che non funziona, via! Via gli inutili orpelli, le usanze, le costumanze, i riti, i ruoli codificati, via i pensieri vaghi, la metafisica, i sentimenti, la poesia: quando ti stanno mitragliando, a cosa servono? (eppure...) Chi porta a un risultato si faccia avanti, e basta (e infatti le grandi guerre hanno portato a grandi avanzamenti sociali delle classi inferiori, ben di più che la pace, che aiuta i commercianti).
E l'altro principio della modernità è la macchina. Ripetitiva, indistruttibile, performante, massima attualizzazione delle risorse utilizzate per realizzarla.
E quindi il simbolo della modernità è il kalashnikov, “progettato da un genio per essere utilizzato da un idiota”, facile da imparare ad usare e manutenere, tremendamente efficace e non a caso utilizzato dai guerriglieri di tutto il mondo.
[ah, e poi c'è lo “stile moderno”. Questo è sostanzialmente quello delle classi alte giapponesi: semplicità, essenzialità in puro stile wabi (e sabi), geometria, rapporto con la natura, interno/esterno, spazi flessibili, uso di elementi naturali a vista. Poi, se lo si associa alla logica macchinista, ecco i quartieri moderi di periferia. Chiaro, no?]

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