Per quanto possa non piacere a chi non
ama la retorica futurista, la modernità viene principalmente da una
cosa: dalla guerra. Efficienza, rapidità, efficacia; mobilitazione
di tutte le forze disponibili più in fretta possibile;
organizzazione, ma soprattutto: semplificazione. Ciò che non
funziona, via! Via gli inutili orpelli, le usanze, le costumanze, i
riti, i ruoli codificati, via i pensieri vaghi, la metafisica, i
sentimenti, la poesia: quando ti stanno mitragliando, a cosa servono?
(eppure...) Chi porta a un risultato si faccia avanti, e basta (e
infatti le grandi guerre hanno portato a grandi avanzamenti sociali
delle classi inferiori, ben di più che la pace, che aiuta i
commercianti).
E l'altro principio della modernità è
la macchina. Ripetitiva, indistruttibile, performante, massima
attualizzazione delle risorse utilizzate per realizzarla.
E quindi il simbolo della modernità è
il kalashnikov, “progettato da un genio per essere utilizzato da un
idiota”, facile da imparare ad usare e manutenere, tremendamente
efficace e non a caso utilizzato dai guerriglieri di tutto il mondo.
[ah, e poi c'è lo “stile
moderno”. Questo è sostanzialmente quello delle classi alte
giapponesi: semplicità, essenzialità in puro stile wabi (e sabi),
geometria, rapporto con la natura, interno/esterno, spazi flessibili,
uso di elementi naturali a vista. Poi, se lo si associa alla logica
macchinista, ecco i quartieri moderi di periferia. Chiaro, no?]
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