Titolo di un inutile, stupido e
snobissimo film (e relativa commedia teatrale) di moda nella New York
degli anni '90. La tesi è che R. e G. siano due personaggi inutili
dell'Amleto, che vivacchiano così senza una ragione precisa
d'essere, fino a che vengono ammazzati, non si sa perché – e non
gliene importa niente a nessuno.
Triste autoritratto di una classe
borghese che evidentemente si percepisce irrilevante – ma che
giudica brillante e smart dipingersi cinicamente così.
Ma è proprio l'assunto di base ad
essere sbagliato. Secondo Jean Starobinski (in Amleto e Freud) sono
proprio Rosencranz e Guildestern, ben lungi da essere personaggi
“inutili”, a farci capire la vera natura dell'Amleto: opera
teatrale stranamente lunga e spesso fraintesa, anche da figure
importanti come Goethe, che la riteneva appunto una tragedia
sull'indecisione. Perché infatti il punto è proprio questo: come
mai Amleto ci mette tanto a vendicarsi dello zio assassino del padre?
Non è tutto chiaro fin dall'inizio? E perché lo uccide e si vendica
solo alla fine, dopo mille tentennamenti e ore e ore di inutile
girarci attorno? Non è che Amleto è solo un debole, un vigliacco o
un perditempo? R. e G. sono lì proprio a dimostraci il contrario:
quando tramano contro di lui, ci mette un attimo ad ucciderli. Non è
un incerto, insomma (e questa è la chiave che ci offre Shakespeare,
che non perdeva certo tempo a creare personaggi inutili, ma che amava
nascondere il tema cruciale delle sue opere proprio per avvincere lo
spettatore).
E allora perché Amleto tarda tanto?
Starobinski ci dà un indizio: quando Freud scrisse del complesso di
Edipo, inizialmente voleva chiamarlo il “complesso di
Amleto”.Perché il punto è proprio questo: lo zio Claudio in fondo
ha realizzato quello che è il suo vero, nascosto desiderio: uccidere
il padre e prenderne il posto. Da qui il dilemma. Denunciare
l'usurpatore, ma al tempo stesso denunciare sé stesso e i propri
desideri, e quindi morire; oppure accettare il proprio desiderio
nascosto, ma a questo punto non potere più imputarlo allo zio: e
allora quindi sopravvivere e subire. In altre parole, lo zio è una
proiezione di sé, e ucciderlo significa uccidere sé stessi. E
quindi questo è il vero significato del famoso essere o non essere:
non tanto, come pensano molti, scegliere se vivere o morire (troppo
facile) ma piuttosto se accettare le regole dure del mondo, dove si
scopre che non si è così puri e buoni come si amava pensare, o se
invece rifiutarle e uscire dai giochi. E quindi Amleto ci pensa
eccome, e a lungo; come fanno spesso e a lungo tanti adolescenti. E
alla fine sceglie di ribellarsi e morire - non come i due Rosencranz
e Guildestern dello stupido film, che non si ribellano, e muoiono e
basta.
[inutile dire qual è il libro che
consiglio]
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