lunedì 3 febbraio 2020

Rosencranz e Guilderstern (sono morti)


Titolo di un inutile, stupido e snobissimo film (e relativa commedia teatrale) di moda nella New York degli anni '90. La tesi è che R. e G. siano due personaggi inutili dell'Amleto, che vivacchiano così senza una ragione precisa d'essere, fino a che vengono ammazzati, non si sa perché – e non gliene importa niente a nessuno.
Triste autoritratto di una classe borghese che evidentemente si percepisce irrilevante – ma che giudica brillante e smart dipingersi cinicamente così.
Ma è proprio l'assunto di base ad essere sbagliato. Secondo Jean Starobinski (in Amleto e Freud) sono proprio Rosencranz e Guildestern, ben lungi da essere personaggi “inutili”, a farci capire la vera natura dell'Amleto: opera teatrale stranamente lunga e spesso fraintesa, anche da figure importanti come Goethe, che la riteneva appunto una tragedia sull'indecisione. Perché infatti il punto è proprio questo: come mai Amleto ci mette tanto a vendicarsi dello zio assassino del padre? Non è tutto chiaro fin dall'inizio? E perché lo uccide e si vendica solo alla fine, dopo mille tentennamenti e ore e ore di inutile girarci attorno? Non è che Amleto è solo un debole, un vigliacco o un perditempo? R. e G. sono lì proprio a dimostraci il contrario: quando tramano contro di lui, ci mette un attimo ad ucciderli. Non è un incerto, insomma (e questa è la chiave che ci offre Shakespeare, che non perdeva certo tempo a creare personaggi inutili, ma che amava nascondere il tema cruciale delle sue opere proprio per avvincere lo spettatore).
E allora perché Amleto tarda tanto? Starobinski ci dà un indizio: quando Freud scrisse del complesso di Edipo, inizialmente voleva chiamarlo il “complesso di Amleto”.Perché il punto è proprio questo: lo zio Claudio in fondo ha realizzato quello che è il suo vero, nascosto desiderio: uccidere il padre e prenderne il posto. Da qui il dilemma. Denunciare l'usurpatore, ma al tempo stesso denunciare sé stesso e i propri desideri, e quindi morire; oppure accettare il proprio desiderio nascosto, ma a questo punto non potere più imputarlo allo zio: e allora quindi sopravvivere e subire. In altre parole, lo zio è una proiezione di sé, e ucciderlo significa uccidere sé stessi. E quindi questo è il vero significato del famoso essere o non essere: non tanto, come pensano molti, scegliere se vivere o morire (troppo facile) ma piuttosto se accettare le regole dure del mondo, dove si scopre che non si è così puri e buoni come si amava pensare, o se invece rifiutarle e uscire dai giochi. E quindi Amleto ci pensa eccome, e a lungo; come fanno spesso e a lungo tanti adolescenti. E alla fine sceglie di ribellarsi e morire - non come i due Rosencranz e Guildestern dello stupido film, che non si ribellano, e muoiono e basta.
[inutile dire qual è il libro che consiglio]

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