venerdì 21 ottobre 2022

Rab.

Un anno eravamo andati in vacanza sulla costa adriatica di quella che allora era la Jugoslavia, ed eravamo finiti per caso in quel bel paesino antico, con un bel porticciolo, scogli sul mare azzurro e boschi verdi attorno. Come al solito io e la mia allora fidanzata (ora mia moglie) abbiamo iniziato a litigare – scogli troppo affollati, posti pieni, bar costosi e antipatici – e la mattina quindi ci mettemmo a fare un giro a piedi per l'isola, un po' per cercare di meglio, un po' per vedere se ci rimettevamo d'amore e d'accordo.

Ci inoltrammo quindi nel bosco fuori dalla cittadina, cercando una caletta tranquilla dove fare un bagno. Dopo un po' spuntano fuori i resti di un insediamento, baracche, pezzi di case. Strano, così nel bosco. Poi troviamo una caletta, non c'è nessuno, acqua magnifica, una bel bagno ristoratore, nuotiamo e scherziamo. Ma strano, sugli scogli ci sono bitte di ormeggio tutte arrugginite, qui si attraccava, strano tutto abbandonato, chissà perché già che c'erano non ne hanno fatto un villaggio turistico. Bah, chi se ne frega. Ridemmo e scherzammo in acqua, fu una bella giornata e alla fine facemmo la pace, la vacanza poteva continuare bene, e anche dopo tutto andò per il meglio, ne ho un bel ricordo















[tranne che anni dopo scoprii che quelli che avevamo visto erano i resti di un campo di concentramento italiano, dove nella seconda guerra mondiale erano morti migliaia di slavi. Come se fossimo andati a nuotare, a ridere e scherzare a Buchenwald. Questo per dire della consapevolezza della nostra storia e dei danni del mito degli “italiani brava gente”.]

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