Secondo Berenson l'arte porta a
un'”intensificazione della vita”: viaggiando in Italia, davanti
alle innumerevoli opere d'arte “uno si sente vivere con maggior
speranza, con più gusto, di una vita più intensa e raggiante”.
Questo, unito allo “sguardo del Principe”, ovvero
all'identificazione con i possessori di palazzi e castelli dove
questi tesori erano custoditi, e unito anche – diciamolo – alla
sensazione che dà essere ricchi e potenti in un paese povero, pieno
di belle donne facilmente disponibili, dava ai viaggiatori stranieri
in giro per l'Italia sensazioni indimenticabili.
Ma quell'arte, senza più alcun legame con chi l'ha voluta e chi l'ha prodotta, che “amplifica la percezione della realtà e rende la vita più intensa e interessante...” in che cosa è diversa da una droga (o quantomeno da una scorciatoia)?
Ma quell'arte, senza più alcun legame con chi l'ha voluta e chi l'ha prodotta, che “amplifica la percezione della realtà e rende la vita più intensa e interessante...” in che cosa è diversa da una droga (o quantomeno da una scorciatoia)?
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