La nonna paterna le faceva lesse, con
una foglia di alloro. Restavano poi lì in una pentola di acqua
fredda nella cucina illuminata da una luce al neon, il resto della
casa al buio e al freddo, fuori la periferia di Gallarate in inverno.
Lei le offriva come se fossero una prelibatezza (aveva iniziato a
fare l'operaia da bambina, i suoi morivano di fame, poi la guerra e
tutto il resto – be', ma noi no).
A casa la mamma le faceva caldarroste
in padella, poi avvoltolate in uno strofinaccio che metteva sotto le
coperte del letto, così restavano al caldo (e sotto le lenzuola
restava quel tepore delizioso della castagna calda). Quando era San
Martino, faceva le castagne con il bigliettino, ovvero nel taglio di
alcune castagne infilava di nascosto un pezzettino di carta con
segnati dei soldi, dieci lire, cinquanta lire, cento lire, cifre
così, ma per noi era tanto. I bambini aprivano frenetici le
castagne, raccoglievano i bigliettini trovati e alla fine la mamma ci
dava i soldi corrispondenti. Ah che felicità (con così poco).
Adesso se le faccio io con i miei figli manco le guardano - va be',
normale.
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