lunedì 10 febbraio 2020

Castagne.


La nonna paterna le faceva lesse, con una foglia di alloro. Restavano poi lì in una pentola di acqua fredda nella cucina illuminata da una luce al neon, il resto della casa al buio e al freddo, fuori la periferia di Gallarate in inverno. Lei le offriva come se fossero una prelibatezza (aveva iniziato a fare l'operaia da bambina, i suoi morivano di fame, poi la guerra e tutto il resto – be', ma noi no).
A casa la mamma le faceva caldarroste in padella, poi avvoltolate in uno strofinaccio che metteva sotto le coperte del letto, così restavano al caldo (e sotto le lenzuola restava quel tepore delizioso della castagna calda). Quando era San Martino, faceva le castagne con il bigliettino, ovvero nel taglio di alcune castagne infilava di nascosto un pezzettino di carta con segnati dei soldi, dieci lire, cinquanta lire, cento lire, cifre così, ma per noi era tanto. I bambini aprivano frenetici le castagne, raccoglievano i bigliettini trovati e alla fine la mamma ci dava i soldi corrispondenti. Ah che felicità (con così poco). Adesso se le faccio io con i miei figli manco le guardano - va be', normale.


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