di Felice Romani e Gaetano Donizetti
Ok, non è un libro. Ma è un'opera incredibilmente felice, allegra,
che mette di buon umore.
Lo spunto ispiratore buffamente è
quello del filtro d'amore di Tristano e Isotta: tema che verrà
trattato ben più seriosamente e tragicamente e luttuosamente anni
dopo da Wagner (ma che differenza! la notte e il giorno, si potrebbe
dire).
C'è una giovane contadina contenta di
passare di fiore in fiore da un amore all'altro; e c'è un suo
innamorato infelice e piagnucolone. Un imbroglione di paese gli vende
un finto filtro d'amore che dovrebbe renderla perdutamente innamorata
(invece è bordò, scritto così nel testo). Ma con la sicurezza e la
baldanza di questa futura magia, il giovane diventa coraggioso e
sventato, e questo finisce per conquistare il cuore della ragazza (un
po' come la piuma magica di Dumbo: è finta, ma funziona, è
l'illusione che lo fa volare).
Una curiosità: i due autori avevano
firmato un contratto capestro, l'opera doveva andare in scena nel
giro di un mese e non avevano neanche iniziato. Era quindi tutta una
corsa fra il librettista man mano che scriveva i versi, Donizetti che
componeva la musica, i cantanti e l'orchestra che iniziavano a
provarla. Giunto alla romanza finale, quella dell'amore finalmente
conquistato, Donizetti era spossato e non ce la faceva più. Avendo
spremuto tutta la sua fantasia creativa, e avendo poco tempo davanti,
riutilizzò una cantata che aveva composto poco prima: ma era un
canto funebre, composto per la triste morte di un giovane. Da qui il
tono inaspettatamente malinconico, sorprendente, di Una furtiva
lacrima, il pezzo più famoso. In un'opera tutta gioiosa, che trovata
geniale! E che fine intuito psicologico, la malinconia del successo!
Quell'artista è un genio. E invece era tutto per caso – questo a
conferma della felicità dell'opera (gli inglesi direbbero:
serendipity).
(un po' come la Serva padrona di
Pergolesi, nata come intervallo di intrattenimento fra un atto e
l'altro di opere ben più importanti: e presto diventata il vero
centro dell'attenzione degli spettatori, filosofi illuministi come
Diderot che ne erano entusiasti – vera serva che appunto diventava
Padrona, un annuncio della rivoluzione)
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