venerdì 22 gennaio 2016

Aleksandr Solženicyn

Il cervo e la bella del campo.
(una traduzione più chiara però potrebbe essere: l'ingenuo e la puttana del Campo. “Cervo” infatti è una parola gergale che indica un novellino dei Gulag – sono quei campi lì di cui si sta parlando, niente di agreste)

Di A.S. colpisce innanzitutto la grande forza d'animo. La scoperta dell'errore e l'abbandono del comunismo proprio alla fine della Grande Guerra Patriottica, vale a dire il momento di maggiore successo di Stalin. La determinazione e direi quasi l'ostinazione sulla sua posizione negli anni '50 e '60, gli anni dello Sputnik e di Gagarin, del consenso, delle aperture di Chruščev, di quello che sembrava un maggiore benessere e libertà. E invece no. Il coraggio di dire sempre la verità, a costo di pagarla cara. La prigione come liberazione. Essere gli ultimi, ma liberi (il potere dei senza potere, avrebbe detto poi Vaclav Havel).
Be', che coraggio. E' stato davvero un gigante, ha cambiato la storia. Ma poi viene da dire: sì, Arcipelago Gulag, interessantissimo, approfondito, illuminante: ma più un saggio che letteratura. E Lenin a Zurigo? Certo, chiarissimo, illuminante, quasi (paradossalmente) un elogio di una figura evidentemente detestata, ma anche profondamente capita, con precisione, con esattezza, e quindi anche con una certa attrazione (indimenticabile la pagina in cui Lenin, all'annuncio dello scoppio della guerra, dalla sua posizione di emigrato sostanzialmente isolato e senza legami con la patria, mentre i socialisti pensano al pacifismo – senza combinare nulla – o diventano patrioti – partecipando al macello – lui no, ha l'intuito a suo modo geniale, capisce: la Guerra porterà alla Rivoluzione - legame infausto, generatore a cascata dei mali e dei disastri successivi, sì – ma così potente!).
Be', il Cervo è ingenuo sì, ma anche lui – a suo modo – potente. Quando lei lo avvisa: sono la puttana del campo, non innamorarti di me (ma lui lo fa lo stesso). E quando poi un capo le mette gli occhi addosso, e si capisce come andrà a finire, e lei gli dice: porterò sempre con me il ricordo del tempo passato assieme, sappilo. E quando infine lei entra nella baracca del capo e inizia a spogliarsi (ma intanto è riuscita a farlo depennare dalla lista dei trasferiti più a nord, alla morte sicura), be', non è quello che in qualche modo (mutatis mutandis) capita anche qui da noi?
A.S., anche come scrittore ha intuiti geniali.
["La violenza invecchia presto e, per salvare la faccia, si allea con la menzogna." Fulminante. (da "Vivere nella menzogna", 1974)]

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