sabato 10 aprile 2010

Verità e finzione

Secondo alcuni, l’attività cerebrale rielabora l’esperienza “reinventandola” secondo schemi narrativi e facendola diventare così accettabile e sensata (giusto).
Questi schemi narrativi poi “scaverebbero” dei veri e propri canali neuronali plasmando il cervello, i ricordi, i criteri di scelta, che quindi tenderebbero a ripetersi (giusto).
Questi schemi normativi riprodotti e diffusi collettivamente garantirebbero poi coesione sociale, etica diffusa e condivisa (per quanto illusoria e fallace: i buoni non vincono sempre, non c’è il lieto fine, la realtà è diversa, ma almeno non ce ne accorgeremo), “lubrificante e collante” (ma non è la stessa cosa) dei rapporti sociali, un po’ come avveniva con la religione (e la politica). Giusto.
Perché infatti le storie anticipano l’esperienza, sono un po’ come i simulatori di volo, si impara senza correre il rischio (giusto). Grazie infatti ai neuroni specchio, viviamo per riflesso le stesse emozioni dei protagonisti delle storie, e ci arrabbiamo e spaventiamo ugualmente, o proviamo lo stesso piacere degli attori che si stanno baciando sullo schermo.
Sbagliato. Questo sarebbe come dire che guardare un film porno è come fare l’amore con la persona di cui si è innamorati; o che leggere un libro di Messner o Bonatti è uguale a scalare la parete nord del Cervino in invernale (che pizza, sempre la solita parete nord).
Ma siamo tutti impazziti?!?
(vero è che per qualcuno è così: e bacia e sorride come se fosse un film, senza vera emozione, solo per riflesso. E invece la vita vera esiste, la si è provata - anche se in pochi momenti)






[e non è neanche vera quella frase di Eco ripetuta mille volte fino alla nausea, che chi ha letto diecimila libri ha vissuto diecimila vite. Ne ha vissuta una sola: quella del lettore.]

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