domenica 20 settembre 2009

Churchill

Vita di Marlborough (Mondadori)

L’autore è famoso per le sue battute fulminanti e molti formidabili aneddoti.
I miei preferiti sono:
da giovane, frequentava un teatro, dove il pensiero progressista di allora prevedeva che non fosse opportuno che nell’intervallo i giovani (uomini e donne) andassero al bar assieme (strano! eppure è così). C’era quindi una tenda che divideva maschi e femmine. Il giovane Winston strappò la tenda e pronunciò un infuocato discorso sul diritto di ragazzi e ragazze di bere assieme, perché erano abbastanza liberi e responsabili per farlo in modo “opportuno”. Fece così il suo esordio in politica, come conservatore (per un periodo fu anche liberale – non laburista, come ha scritto un improvvido deputato italiano – ma poi di nuovo conservatore; cambiamento che non gli fu mai perdonato e che gli diede fama di carattere instabile).
Durante la guerra, volava qua e là per il mondo ad incontrare gli altri grandi. Il suo medico rilevò una disfunzione cardiaca: se volava ad un’altezza superiore ai duemila metri rischiava di morire sul colpo. Prima di avvisarlo, però, si consultò con la moglie e la figlia, che decisero di non dirgli niente. “Siamo sicure che preferirebbe cosi” dissero, “piuttosto che restare a casa a fare l’invalido.”
Alla fine della guerra, al ritorno da Yalta, dove con Roosevelt e Stalin aveva deciso i futuri assetti del mondo, tornato in patria perse le elezioni e nel giro di qualche ora si trovò privo di tutto il suo potere. Tornò a casa, si mise a fare il bagno. Il suo cameriere ricorda: “Improvvisamente diventò tutto grigio, temevo che gli stesse venendo un colpo apoplettico. Ma poi si riprese, e bofonchiò: Oh be’, in fondo quei dannati bastardi hanno il diritto di votare per chi vogliono. E’ anche per questo che abbiamo combattuto.”
(Per averci salvato da Hitler, dovrebbe esserci una via o un monumento a lui dedicati in tutte le città italiane. Ma non ce n’è neanche uno; forse perché ci ha invasi – grazie a dio).
Negli anni ’30, quando perdeva le elezioni, restava disoccupato e quindi si metteva a scrivere libri per tirare su un po’ di soldi (era di ottima famiglia, ma del ramo cadetto).
Scrisse così i suoi ricordi giovanili (Gli anni della mia giovinezza, tradotto anche con altri titoli e da diversi editori), in cui racconta le sue disavventure scolastiche (era una vera bestia, fece fatica anche ad essere ammesso all’accademia militare, che per le famiglie di rango era proprio l’ultima spiaggia, riservata agli stupidi senza rimedio) e poi racconta le sue avventure militari - in pieno stile Kipling - durante la guerra boera, in India, in Sudan.
Scrisse anche un libro appunto sul suo famoso avo, John Churchill Duca di Marlborough, molto interessante da un punto di vista politico e militare.
Politico perché racconta bene il passaggio dalla guerra civile inglese (dove per la prima volta fu tagliata la testa ad un regnante, cento anni prima della rivoluzione francese: cosa che stranamente molti sembrano dimenticare), a quella particolare forma di monarchia parlamentare, che dura ancora adesso, in cui il re (uno straniero, in realtà, che conta poco o nulla) viene chiamato da fuori; e che è all’origine del lungo dominio inglese nel mondo (terminato - scherzi del destino! - proprio con il suo pronipote, che ne era perfettamente cosciente).
Militare perché Marlborough cambiò completamente il modo di fare la guerra nel continente: reduce dalle guerre civili e dalla sanguinosa repressione delle rivolte irlandesi, trasformò le eleganti battaglie fra gli stati europei, fatte di mosse e schieramenti codificati, in un’orribile carneficina. I battaglioni inglesi furono i primi a manovrare compatti sotto il fuoco nemico che li falcidiava, incuranti delle perdite; e furono anche i primi a non fare prigionieri, inseguendo e uccidendo fino all’ultimo uomo le truppe nemiche sconfitte. Furono i primi a bruciare i raccolti, ad affamare la popolazione civile, ad avvelenare i pozzi: Marlborough trasferì di fatto le modalità delle guerre civili e di religione (dove il combattente non è un soldato, ma un militante che odia e vuole annientare il nemico) alle guerre nazionali.
E la vera differenza fra gli esiti della rivoluzione inglese (e americana) da quelle successive (francese prima e poi russa) sono forse anche di natura geografica: l’insularità protegge dalle invasioni straniere nelle epoche di conflitti interni, allontanando la deriva dittatoriale. Trovato l’equilibrio interno, l’aggressività viene tutta buttata fuori.

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