giovedì 3 novembre 2022

Educazione veneta

La mamma era stata licenziata, perché allora il contratto prevedeva che le infermiere restassero nubili (ovvero zitelle, ai tempi amanti e conviventi non erano ammessi): niente grilli per la testa, dovevano dedicarsi ai pazienti e basta. Lei invece si era sposata lo stesso, e quindi aveva dovuto trovare un altro lavoro, mezza giornata a Cinisello, mezza a San Donato, all'altro capo della città. Usciva prestissimo e tornava tardissimo, così lei che nel frattempo era nata, da bambina andava prima al prescuola, poi alla scuola normale (i quaderni con le doppie tutte sbagliate, assenti dove andavano messe, messe dove non servivano), poi la refezione, poi il doposcuola, poi le ore serali. Poi la veniva a prendere una vicina e la portava a casa sua, fino a quando non tornava finalmente la mamma, e che abbracci!

Ma ogni tanto, quando non ce la faceva più, la mandavano ospite dalla zia in Veneto, in campagna con gli animali, dove andava in giro tutto il giorno con gli altri bambini. Ma, una bella bambina tutta sola in campagna, cosa vuoi che succeda? Prima è stato uno zio ad abusarla, poi un cugino più grande; lei però non ha raccontato niente a nessuno. Poi un giorno la mamma le aveva detto: è ora che tu impari a tenere chiuse le gambe.














[Lei adesso è rimasta un po' bambina, ama i piccolini, il mondo dei grandi non le piace.]

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