domenica 8 maggio 2022

Cambiare nome.

Chiang Kai-shek in realtà non si chiamava in quel modo, cambiò nome quando da giovane decise di fare politica.

E il nome di battaglia è tipico di chi fa il salto: partigiani, lotta armata, pornostar, ecc. In qualche modo, cambiare nome ti consente anche di fare quello che avevi problemi a fare prima (violenza, hardcore, ecc.). Ed è una cosa tipica della modernità: cambi città, nessuno ti conosce, puoi cambiare anche identità. Prima eri timido, adesso sei sfrontato. Prima eri attento alle regole, adesso te ne freghi (un tempo – quando ci si spostava meno - non era così: e anzi la continuità era importante, avere un buon nome, tenere alto il nome, la famiglia che dava garanzie, la farmacia che è lì dal 1910, la pasticceria dal 1830... ti puoi fidare – ma anche annoiare). Cambiare rende più aggressivi, più volti al risultato – anche più bugiardi, puoi raccontare palle su di te e nessuno ti scopre. Puoi insomma essere più simile a quello dei tuoi sogni, piuttosto che a quello che ti sei dimostrato in passato. Ma anche sui blog e siti vari quelli che furoreggiano sotto falso nome non sono “anonimi” (ovvero “senza nome”) come spesso si dice sbagliando: hanno invece un nuovo nome, speciale, spesso fantasioso (King of..., Master of …) proprio perché internet permette di avere un'identità nuova e diversa.

C'è un piccolo racconto di Dashiell Hammett all'interno del Falcone Maltese che parla in modo un po' disincantato proprio di questo. C'è uno, stanco del suo solito lavoro di rappresentante, della moglie bionda e grassoccia, dei soliti amici del bar del sabato sera, che un giorno molla tutto, cambia nome e città. Dieci anni dopo, lo ritroviamo altrove con il suo nuovo nome ma tornato a fare più o meno le stesse cose: è nel commercio, ha una moglie bionda, la sera si vede al bar con il suo giro di amici. Come dire che il destino (o le situazioni diffuse, o il sistema) non si cambiano così facilmente.



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