L'attenzione all'identità sembra una
cosa di destra, reazionaria. Chi è moderno e contemporaneo cambia di
continuo: cambia città, lavoro, amicizie, amori: è diverso da un
giorno all'altro o con una persona e un'altra. È
aperto al rischio e al cambiamento, alla libertà e al progresso.
Chi si radica sarebbe invece uno che non sa lasciare la sua comfort zone, che non riesce a staccarsi dalle gonne della mamma, una cozza attaccata sempre alla sua roccia, giorno dopo giorno.
Ma l'essere tende ad esistere (come dicono i filosofi). E il piacere maggiore è legato alla conferma dell'immagine che ci si è dati, e alla capacità di agire in un mondo che si è capito. Il bambino ride quando ricompare il suo rocchetto. E quando arrivi in cima a una montagna, per una via che non aveva mai tentato nessuno, il piacere è duplice: è la conferma che sei come ti eri immaginato, e che hai capito la montagna com'è.
E quindi mantenere un'identità nel tempo vuol dire alcune cose: che sei affidabile ad esempio, mantieni le promesse. Che sei anche capace di risollevarti davanti alle sconfitte. Non millanti capacità e successi che non hai. Sai perseguire risultati importanti a lungo, non ti arrendi.
E invece chi cambia spesso cos'è? Un Fregoli, un millantatore, un impostore, forse. E infatti se da un curriculum vedi uno che cambia posto di lavoro ogni sei mesi, che segnale è? Certo ci sono i titoli, ma non sarà magari uno che nasconde qualcosa, uno litigioso o chissà cosa altro (non a caso i negozi espongono fuori: pasticceria da 1857... trattoria dal 1930... perché è garanzia di affidabilità, di cose che vengono fatte bene sempre. Una farmacia storica ti dà sicurezza, un saltimbanco la prima sera fa sfracelli, ma dopo una settimana annoia).
E se non sei radicato in un luogo, come fai a fare grandi progetti? Bisogna sapere la storia precedente, conoscere chi ti può dare le competenze che mancano, sapere come funzionano i decisori pubblici e i soggetti terzi coinvolti, come gira lì l'economia... Le archistar che vengono da lontano sono buone giusto per gli slogan, i colpi di scena, i dettagli di stile: ma la sostanza è da un'altra parte.
(poi per carità un po' bisogna girare: cambiare, viaggiare, imparare, vedere le cose da un altro punto di vista. Ma con equilibrio, eh)
Anni fa quando ero neolaureato andai per un lavoro in una cascina vicino a dove viene la famiglia di mio padre. A sentire il mio cognome, spuntò fuori una vecchina: nipote di quel...? Sì. Ah, come era bravo suo nonno! Quello che diceva, faceva. E le cose fatte duravano anni (e anche: era stato antifascista nel '21. Ma anche nel '36. E nel '45 non era spuntato dal nulla dichiarandosi tale, tutti glielo riconoscevano).
Ecco, questo è quello che mi piacerebbe che un giorno i miei ipotetici nipoti sentissero dire di me.
E questo è radicamento (e non è di destra).
Chi si radica sarebbe invece uno che non sa lasciare la sua comfort zone, che non riesce a staccarsi dalle gonne della mamma, una cozza attaccata sempre alla sua roccia, giorno dopo giorno.
Ma l'essere tende ad esistere (come dicono i filosofi). E il piacere maggiore è legato alla conferma dell'immagine che ci si è dati, e alla capacità di agire in un mondo che si è capito. Il bambino ride quando ricompare il suo rocchetto. E quando arrivi in cima a una montagna, per una via che non aveva mai tentato nessuno, il piacere è duplice: è la conferma che sei come ti eri immaginato, e che hai capito la montagna com'è.
E quindi mantenere un'identità nel tempo vuol dire alcune cose: che sei affidabile ad esempio, mantieni le promesse. Che sei anche capace di risollevarti davanti alle sconfitte. Non millanti capacità e successi che non hai. Sai perseguire risultati importanti a lungo, non ti arrendi.
E invece chi cambia spesso cos'è? Un Fregoli, un millantatore, un impostore, forse. E infatti se da un curriculum vedi uno che cambia posto di lavoro ogni sei mesi, che segnale è? Certo ci sono i titoli, ma non sarà magari uno che nasconde qualcosa, uno litigioso o chissà cosa altro (non a caso i negozi espongono fuori: pasticceria da 1857... trattoria dal 1930... perché è garanzia di affidabilità, di cose che vengono fatte bene sempre. Una farmacia storica ti dà sicurezza, un saltimbanco la prima sera fa sfracelli, ma dopo una settimana annoia).
E se non sei radicato in un luogo, come fai a fare grandi progetti? Bisogna sapere la storia precedente, conoscere chi ti può dare le competenze che mancano, sapere come funzionano i decisori pubblici e i soggetti terzi coinvolti, come gira lì l'economia... Le archistar che vengono da lontano sono buone giusto per gli slogan, i colpi di scena, i dettagli di stile: ma la sostanza è da un'altra parte.
(poi per carità un po' bisogna girare: cambiare, viaggiare, imparare, vedere le cose da un altro punto di vista. Ma con equilibrio, eh)
Anni fa quando ero neolaureato andai per un lavoro in una cascina vicino a dove viene la famiglia di mio padre. A sentire il mio cognome, spuntò fuori una vecchina: nipote di quel...? Sì. Ah, come era bravo suo nonno! Quello che diceva, faceva. E le cose fatte duravano anni (e anche: era stato antifascista nel '21. Ma anche nel '36. E nel '45 non era spuntato dal nulla dichiarandosi tale, tutti glielo riconoscevano).
Ecco, questo è quello che mi piacerebbe che un giorno i miei ipotetici nipoti sentissero dire di me.
E questo è radicamento (e non è di destra).

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