venerdì 3 aprile 2020

La direttrice di banca.


Era stata nominata capo della nuova sede europea della importante finanziaria orientale, che aveva deciso di aprire una banca a Milano per iniziare a esplorare i mercati occidentali. Un incarico prestigioso, una bella responsabilità. Lei era di buona famiglia filippina, grossi armatori già ben proiettati nell'economia mondiale, ottimi studi accademici in Inghilterra e negli States, perfetta padronanza di più lingue, giovane, bella e in gran forma fisica (faceva ginnastica tre volte alla settimana). Il lavoro era partito alla grande, e lei si era dimostrata all'altezza della situazione, oramai era qualche anno che si trovava in quella posizione e tutto funzionava come doveva.
Ma, si sentiva sola. Lontana da casa. Sul lavoro non dava confidenza, bisogna mantenere i ruoli.
Una mattina, in piazza Duomo, sotto i portici settentrionali le aveva attaccato bottone uno di quegli ambulanti che stanno lì con una seggiolina pieghevole, uno di quelli che fanno le caricature e vendono i quadri con il bimbo vestito da Pierrot che piange. Era un napoletano, simpatico, le regalò la sua caricatura, la fece ridere. Si rincontrarono, iniziarono a frequentarsi. E dopo un po', fra la disperazione e l'incredulità della famiglia, si sposarono anche, lei fu irremovibile, al cuore non si comanda.
Lui adesso sta tutto il giorno con l'accappatoio, i piedi nudi nelle pantofole. Sua cugina di passaggio da Milano era andata a trovarli e lui era sdraiato sul divano, si tagliava le unghie dei piedi. Alla spesa e alla cucina ci pensa lei, lavora tutto il giorno in banca, torna tardi la sera. Lui le caricature non le fa più, è un artista, dice.


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