Era
stata nominata capo della nuova sede europea della importante
finanziaria orientale, che aveva deciso di aprire una banca a Milano
per iniziare a esplorare i mercati occidentali. Un incarico
prestigioso, una bella responsabilità. Lei era di buona famiglia
filippina, grossi armatori già ben proiettati nell'economia
mondiale, ottimi studi accademici in Inghilterra e negli States,
perfetta padronanza di più lingue, giovane, bella e in gran forma
fisica (faceva ginnastica tre volte alla settimana). Il lavoro era
partito alla grande, e lei si era dimostrata all'altezza della
situazione, oramai era qualche anno che si trovava in quella
posizione e tutto funzionava come doveva.
Ma,
si sentiva sola. Lontana da casa. Sul lavoro non dava confidenza,
bisogna mantenere i ruoli.
Una
mattina, in piazza Duomo, sotto i portici settentrionali le aveva
attaccato bottone uno di quegli ambulanti che stanno lì con una
seggiolina pieghevole, uno di quelli che fanno le caricature e
vendono i quadri con il bimbo vestito da Pierrot che piange. Era un
napoletano, simpatico, le regalò la sua caricatura, la fece ridere.
Si rincontrarono, iniziarono a frequentarsi. E dopo un po', fra la
disperazione e l'incredulità della famiglia, si sposarono anche, lei
fu irremovibile, al cuore non si comanda.
Lui
adesso sta tutto il giorno con l'accappatoio, i piedi nudi nelle
pantofole. Sua cugina di passaggio da Milano era andata a trovarli e
lui era sdraiato sul divano, si tagliava le unghie dei piedi. Alla
spesa e alla cucina ci pensa lei, lavora tutto il giorno in banca,
torna tardi la sera. Lui le caricature non le fa più, è un artista,
dice.
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