All'inizio degli anni '80 ricordo un
articolo, apparso su un importante quotidiano, che descriveva una
situazione del tutto inventata: degli skinhead sotto la pioggia che
piagnucolavano per entrare a una festa, dove c'erano i paninari che,
niente da fare, non li facevano entrare, non li ammettevano fra di
loro, loro avevano i piumini e le scarpe di marca (che gli altri non si
potevano permettere). Tutto falso, ovviamente, non è mai successo
niente del genere (neanche con i compagni – ovvero le zecche –
che verosimilmente erano il vero riferimento sottaciuto). Ma è
un'immagine molto pervasiva e coinvolgente: sarò uno di quelli
accettati o tenuti fuori? Un piagnucoloso o un vincente? Fino a quel
momento il problema non si era mai posto, tutti venivano accettati
alle feste (fermo restando che non tutti erano simpatici uguali),
solo da quel momento si inizia a pensare che si viene discriminati in
base al costo dei propri vestiti.
L'autore dell'articolo era un giovane
giornalista che poi ha fatto carriera (adesso è vicedirettore di
quello stesso giornalone). In un intervento on-line, ricorda con
nostalgia quegli anni: sul giornale lanciavamo un tema, ed ecco che
la settimana dopo nei sondaggi quello era diventato il pensiero
principale dei milanesi, eh, eh! Me lo vedo che sogghigna, tutto
soddisfatto: erano loro, nella loro stanzetta, nelle loro
chiacchierate, che decidevano cosa avrebbero pensato i milanesi,
quella plebaglia! Quel gregge di pecore. Bei tempi. Che adesso il
manipolatore un po' rimpiange.
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