giovedì 6 dicembre 2018

Vita immortale?


"Tempo fa si pensava che le cellule del cervello fossero immutabili e non ne nascessero di nuove. Una volta persa una, era per sempre. Da qui una vaga idea di inevitabile, lenta decadenza. Ma d’altra parte, come poteva essere altrimenti? Lì c’erano i nostri pensieri, la nostra coscienza, la memoria della nostra vita, non si poteva pensare che il cervello cambiasse.
E invece si è scoperto che non è così, il cervello cambia eccome. Come cambiano i capelli, o la pelle delle mani, anche le cellule cerebrali, i neuroni, gli assoni, i dendriti e cose simili, nascono, muoiono e soprattutto vengono sostituiti; così, possiamo pensare che nessuna delle cellule che avevamo nel cervello a diciott’anni sia ancora la stessa: sono state tutte cambiate con nuove cellule, che fanno le stesse cose.
Ma qui viene l’interessante. Come mai, anche se tutte le cellule sono diverse, e quindi il cervello è nuovo, abbiamo ancora i ricordi di quando eravamo bambini? E non dico i ricordi coscienti e lungamente ripresi e rimuginati, dico proprio le sorprese, i profumi di un posto visto molti anni fa, il compagno di scuola che improvvisamente si riconosce, e vengono in mente tante cose passate assieme, proprio nei dettagli. Dove si erano nascoste queste informazioni fino ad ora, se il cervello è nuovo?
Bisogna quindi pensare che inevitabilmente la memoria inconscia (e quindi il nostro io) sia situata in qualcosa che viene trasmessa da una cellula all’altra, una comunicazione neuronale, un’informazione elettrica: che quindi non muore con le cellule stesse.
E quindi il passaggio successivo è che quando riusciremo a riprodurre il cervello umano – e ci stanno provando, fra una ventina d’anni forse ci siamo – queste trasmissioni neuronali potranno essere trasmesse non da una cellula all’altra, ma da una cellula a una macchina. Che non muore. E quindi – quindi – la nostra coscienza non morirà più (la coscienza di alcuni, almeno; visto il costo delle macchine – svariati milioni o miliardi di dollari – solo i più ricchi e potenti potranno permetterselo. Gli altri continueranno a morire e prima o poi spariranno tutti, è ovvio). Non solo (non solo): nel costruire questo nuovo cervello artificiale in cui trasferire la nostra attività neuronale umana, be’, sarebbe anche forse l’occasione per sistemare alcune cose che non funzionano. Quelle interferenze dell’amigdala con il tessuto corticale, ad esempio, vale a dire degli strati più antichi e animaleschi con le attività più evolute e razionali... quella è una cosa che si potrebbe cambiare. Le discrepanze fra il lato destro e il lato sinistro del cervello, anche. O l’irritabile striato, o le tante illogiche passioni...
Siamo insomma forse di fronte – malgrado lo scetticismo di alcuni scienziati - a un nuovo fondamentale passaggio evolutivo. Come centinaia di migliaia di anni fa alcune razze di scimmie antropomorfe fecero un improvviso balzo verso il linguaggio e il pensiero astratto, un nuovo salto evolutivo è alle porte. Un uomo nuovo, più razionale, più saldo e sicuro; ma che soprattutto avrà risolto la questione fondamentale che l’ha angosciato nei secoli della sua storia: un uomo – alcuni uomini – che un giorno saliranno su un astronave (perché anche il sole prima o poi si spegnerà, non so se lo sapete), un’astronave che viaggerà per sempre nello spazio interstellare: uomini e donne - o macchine? - che quindi non moriranno mai."
(vedi ad es. Sapiens. Da animali a dèi. Breve storia dell'umanità di Yuval Noah Harari) 


(e comunque anche l'universo finirà, che vi credete?)

Nessun commento:

Posta un commento