martedì 16 ottobre 2018

Venedikt Erofeev


Mosca-Petuškì

Libro scritto e pubblicato (semiclandestinamente) nel 1970, e già questo è straordinario.
Racconta di un viaggio in treno di un alcoolizzato da Mosca a Petuškì, che è un paesone fuori Mosca (un po' come sarebbe dire un viaggio da Milano a Cantù, per esempio), e di quello che pensa, e delle persone che incontra durante il viaggio, alla fine del quale si aspetta di incontrare una donna e (forse) la felicità. Ma non ci arriverà mai, a un certo punto inizierà a tornare indietro verso Mosca.
Trama esilissima, quindi. Ma un linguaggio e un insieme di riferimenti esplosivo sulla Russia di allora, con prese in giro formidabili sul regime sovietico, che ne presagiscono – nel momento del suo massimo successo mondiale – la crisi e il futuro dissolvimento. Libro comico, grottesco, ma anche lirico e disperato (tanto per usare termini un po' abusati). Anche un po' punk ante litteram, si potrebbe dire.
Erofeev era lui stesso un barbone alcoolizzato (ancorché brillante studente universitario prima di abbandonare quel mondo) nell'Urss dove in teoria non esisteva la disoccupazione; e di lui restano pochi scritti. I riferimenti alla cultura russa sono infiniti, spesso sottintesi e purtroppo non sempre colti o spiegati nella traduzione al momento più diffusa, quella di Paolo Nori (come si fa ad esempio a non spiegare che Inessa era notoriamente l'amante di Lenin? Si perde tutto il gusto della citazione. E i personaggi VI e IV, chi saranno? Un sovietico riconosce subito Vladimir Ilič e Iosif Vissarionovič, ovvero nientepopodimeno che Lenin e Stalin, ma il lettore italiano no, se non lo si spiega) (Nori peraltro è anche quello che nella Grande Russia Portatile si dimentica di specificare - fra un elogio di Stalin e altre piacevolezze - che il poeta Mandel'štam, oggetto di una terribile telefonata fra Pasternak e Stalin stesso, è poi morto in un gulag nel '38 – vergogna!) Consiglio insomma se possibile altre traduzioni (la prima però, quella del mitico Pietro Zveteremich, non sono ancora riuscito a leggerla).
La trovata del libro che personalmente trovo più comica è la finta guerra al villaggio vicino, redatta sulla falsariga della guerra civile e della conquista dell'Europa da parte dell'Armata Rossa... davvero stupefacente. Ma è comunque pieno di trovate in ogni pagina, dal bigliettaio che si fa pagare in grammi di vodka al poeta finto Evtušenko che seduce le belle paesane.
E un libro del genere è stato scritto nella morta società sovietica? Dov'è l'equivalente occidentale? Davvero la letteratura in Russia non muore mai.


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