lunedì 26 luglio 2010

L'uomo-macchina

Alla fine dell’Ottocento, in nazioni in fondo tecnologicamente e industrialmente meno sviluppate come la Francia, mito dell’homme-machine, ovvero dell’individuo creativo che assistito da una singola macchina aggiornatissima, ribalta i rapporti di forza con i paesi massicciamente più forti (Inghilterra, Germania, Stati Uniti, ecc.). Da qui il mito dell’aviatore, dell’automobilista, del ciclista, ecc. Sempre in Francia, in quel periodo, ruolo importante della letteratura nel promuovere il revanscismo, lo sciovinismo, il nazionalismo, ecc.
Da qui qualche decennio dopo (per le nazioni ancora più arretrate e provinciali) il fiumanesimo e il futurismo italiani.
 
(sempre secondo Wolfgang Schivelbaum, reazioni culturali simili nei popoli sconfitti – sudisti, francesi dopo Sedan, tedeschi dopo la prima guerra mondiale: all'inizio c'è la ricerca di un capro espiatorio, spesso i capi o ipotetici traditori; poi la fiducia non si sa bene perché nella benevolenza del vincitore; successiva delusione e infine la convinzione della propria superiorità spirituale, artistica e morale, che prima o poi riemergerà, distinguendosi dal mondo meccanico, vile e corrotto dei vincitori.
Sorprendente analogia di quest’ultima fase con la formazione del cristianesimo, verosimilmente all’origine un movimento politico di liberazione sconfitto dai Romani, e da allora in attesa di una revanche spirituale.)

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