“Comunque il significato più rilevante di questi mutamenti fu che, implicitamente o esplicitamente, essi rifiutavano l’ordine delle relazioni umane nella società, stabilito da una lunga tradizione storica e sanzionato ed espresso dalle convenzioni e dalle proibizioni sociali. Ancor più significativo è che questo rifiuto non avvenne in nome di altri modelli di ordinamento sociale – sebbene non mancassero gli ideologi “libertari” che sentivano la necessità di etichettare e di giustificare la contestazione del sistema e dell’ordine tradizionale – bensì in nome dell’autonomia illimitata del desiderio individuale. Si presupponeva un mondo di individualismo egocentrico spinto ai suoi estremi limiti. Paradossalmente, i ribelli contro le convenzioni e le restrizioni sociali condividevano i presupposti sui quali era costruita la società dei consumi di massa o almeno le motivazioni psicologiche sulle quali facevano leva con più efficacia coloro che vendevano beni e servizi ai consumatori.”
“La rivolta studentesca della fine degli anni ’60 fu l’ultimo grido della vecchia rivoluzione mondiale.” “Tuttavia le ribellioni studentesche non erano autentiche rivoluzioni né si sarebbero sviluppate in quella direzione. (...) Gli studenti raramente si occupavano di bazzecole come rovesciare il governo o conquistare il potere (...). La ribellione degli studenti occidentali era più che altro una rivoluzione culturale, un rifiuto di tutto ciò che nella società rappresentavano i valori borghesi dei loro genitori.”
(Eric J. Hobsbawn, Il secolo breve, Bur)
E quindi per H. gli anni ’70 furono un incontro fortuito e destinato a durare poco fra due cose molto diverse: il radicalismo di sinistra, con la sua aura romantica e comunitaria, e una rivoluzione dei costumi legata alla modernizzazione individualista. Breve e intenso matrimonio; dopo la separazione, lunghi rancori e nostalgie.
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