mercoledì 28 aprile 2010

Armi, acciaio e malattie.

di Jared Diamond (Einaudi)

Ci sono fatti, come l’enorme importanza della componente geografica nell’evoluzione delle civiltà, che appaiono del tutto evidenti quando qualcuno te li fa notare, ma a cui altrimenti difficilmente si sarebbe pensato.
Qual è il motivo ad esempio per cui nel continente euroasiatico l’agricoltura si è sviluppata per prima, permettendo di superare il livello di sussistenza (e aprendo così la strada a commercio, invenzioni, cultura, istituzioni, eserciti, guerre, ecc.) e negli altri continenti no? C’è fondamentalmente un motivo geografico: l’assenza (o quasi) di barriere fisiche naturali nella fascia temperata che si estende per migliaia di chilometri in direzione Est-Ovest dal Mediterraneo alla Cina, e che permette il rapido diffondersi di specie commestibili e di colture. L’America invece si estende in direzione Nord-Sud, e le sue zone temperate sono divise da giungle, ghiacciai e deserti. Non solo: è strettissima in mezzo, in un punto per di più coperto da foreste insalubri e impenetrabili: e così il lama non è mai arrivato alle pianure del Nord America, ad esempio.
E poi quasi tutti gli animali addomesticabili (mucca, maiale, cavallo, pecora e capra, pollo, anatra e coniglio) sono nati in qualche punto del continente euroasiatico, e solo qui si sono immediatamente diffusi (grazie alla lunga fascia temperata). Nessuno è mai riuscito ad addomesticare una zebra, invece. Nessuno è mai riuscito a portare docilmente un ippopotamo al macello, con tutto quel bendidìo di carne (ogni anno muoiono più uomini uccisi dagli ippopotami che dai leoni, è proprio la specie che è pericolosa). E anche quasi tutte le piante commestibili sono nate qui.
Poi, la vicinanza agli animali domestici ha dato alla popolazione euroasiatica un’altra grande differenza: le malattie, che si trasmettono dagli animali agli umani. E se sono state a lungo un flagello, alla fine si formano delle immunità, e nella conquista del mondo questo si trasforma in un grande vantaggio. I conquistadores non sarebbero mai riusciti a distruggere l’impero atzeco e inca se gli indiani non fossero stati debilitati e uccisi dalle loro sconosciute malattie, per cui non avevano gli anticorpi. E quando i francesi penetrarono nella valle del Mississippi, trovarono solo i resti disabitati dei villaggi delle fiorenti civiltà indiane che l’avevano popolata: le loro malattie li avevano preceduti.
Tutto questo starebbe ad indicare una superiorità (o, almeno, una maggiore efficacia) delle culture euroasiatiche?
Negli anni ’30 del secolo scorso, un aeroplanino mandato a sorvolare l’entroterra montuoso della Papuasia, creduto disabitato, vide con sua grande sorpresa che l’altopiano non solo era abitato, ma anche fittamente coltivato (fino a quel momento la colonizzazione si era limitata alle coste, poco ospitali, e il ricordo delle popolazioni all’interno si era perso per l’impenetrabile barriera fisica data dalle foreste e dal forte dislivello delle montagne). Bene, nessuna pratica agricolturale moderna è riuscita ad essere più produttiva nei campi papuasi (anzi, spesso si è rivelata distruttiva), campi che vengono tuttora coltivati mediante le pratiche messe a punto dagli indigeni nel corso dei secoli. Certo, l’ambiente è ostile e i risultati sono quelli che sono, ma gli abitanti della Papuasia hanno capacità e cultura complessa e articolata almeno quanto gli europei. E quando i primi esploratori inglesi si persero nel deserto australiano, ogni tanto spuntava dal nulla un aborigeno ad offrirgli un po’ d’acqua, che loro non riuscivano assolutamente a trovare. Alla fine, esasperato, uno di loro li prese a pistolettate. Dei poveri esploratori furono poi trovate solo le ossa (e un diario, da cui si capì come era andata).
In questo quadro, due grandi misteri. Il primo è come mai la Cina ad un certo punto sia sparita dalla scena mondiale, pur avendo avuto per prima tutte le caratteristiche (per dimensione, popolazione, sbocco sul mare, oltre che per storia e cultura) per diventare una superpotenza continentale (secondo le categorie di inizio Novecento di Mackinder, anticipate un po’ da Tocqueville). Le giunche cinesi giravano per il mondo, erano già arrivate in Africa, ma improvvisamente, fra il ‘500 e il ‘600, l’impero decise di richiudersi su sé stesso, lasciando a portoghesi e olandesi, e poi agli inglesi, il dominio dei mari e quindi (allora) del mondo.
Il secondo (più comprensibile) è come mai i popoli isolati regrediscano rapidamente. Quando un evento naturale, una crescita delle acque, un movimento tellurico separano per sempre una popolazione dalle altre e la lasciano sola, senza qualcuno con cui confrontarsi, spesso tornano come all’età della pietra.
E’ un po’ la situazione in cui si sta venendo a mettere il nostro mondo, sempre più unito, ma sempre più privo di confronti. Un po’ un’isola solitaria, un’isola di Pasqua circondata solo dall’oceano (ma di questo ne parla in un altro libro, Collasso).
(foto di GC)

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