di Christopher Browning
Uomini comuni
Christopher R.
Browning
2004
Piccola Biblioteca Einaudi Ns
pp. XX - 258
€ 18,00
ISBN 978880617067
Libro sconsigliato alle persone impressionabili.
In tono sobrio e scientifico, parla infatti di qualcosa di
spaventoso (del male, si potrebbe dire): di come cioè persone normalissime
possano diventare - in modo tutto sommato rapido e semplice - dei mostri.
Da documenti d’archivio, viene ricostruita la storia di una
compagnia, scelta a caso fra le tante, di personale paramilitare tedesco
durante la seconda guerra mondiale. Tutta gente di una certa età, sposati,
padri di famiglia, di estrazione semplice, operai, piccoli commercianti,
impiegati. Non particolarmente appassionati del regime nazista, anzi al
contrario, a volte con un passato socialista, cristiano o nei sindacati.
Arruolati controvoglia nei ranghi della polizia per mancanza di meglio,
pensavano di sfangarsela così il periodo di guerra. Dei classici imboscati,
insomma. Poi a un certo punto per carenza di personale vennero improvvisamente
mandati in Polonia come servizio di polizia nelle retrovie. Finché un giorno
arrivò una disposizione un po’ particolare. Il comandante li radunò tutto
agitato, quasi in lacrime, precisando subito che chi voleva si poteva
rifiutare. Si trattava di andare in un villaggio lì vicino, radunare gli ebrei
(più che altro vecchi, donne, bambini) e procedere alla loro eliminazione. Chi
non voleva si poteva rifiutare, disse il comandante.
Nessuno la prese bene. Gli uomini si guardavano l’un l’altro,
un brutto lavoro, una cosa schifosa, gli era toccata. Uno si rifiutò, non era
nelle loro mansioni. Ma gli altri andarono, di malavoglia certo, ma quello era
il compito del giorno.
Alcuni rimasero un po’ indietro, si nascosero dietro il
camion. Altri si diedero da fare senza troppo zelo, giusto il minimo
indispensabile, ispezionando qua e là senza troppa attenzione. Ma per il
pomeriggio avevano comunque rastrellato un bel po’ di ebrei, e a questo punto
bisognava eliminarli.
Ad ognuno fu assegnato il suo, due se si trattava di una
mamma con il suo bambino, e si incamminarono verso il bosco. Qui li fecero
sdraiare e gli spararono in testa.
“Il piccolo aveva tre anni, proprio come il mio piccolo Hans.
Ma gli ho sparato lo stesso. E’ stato terribile.” Nel villaggio poi c’erano
anche ebrei che parlavano tedesco, scappati dalla Germania, anzi addirittura
della loro stessa città, gente che conoscevano personalmente, il negoziante
dell’angolo, il dottore, “una brava persona, simpatico, ci supplicava, cosa
fate? Ma gli ho sparato lo stesso.” (La prima persona è una delle cose peggiori
di queste testimonianze: non sono “loro” i mostri, sono “io”).
Quel giorno rimasero profondamente scossi. La volta
successiva, fu meno dura. Poi divenne routine e un certo punto cominciarono
addirittura a prenderci gusto – per la fine della guerra, ognuno di loro
ucciderà personalmente 400-500 ebrei (uccisi guardandoli in faccia e a distanza
ravvicinata: qualcosa che sconvolgerà sembra lo stesso Himmler, che forse per
questo proporrà il metodo più “umano” ovvero più asettico delle camere a gas).
Ma forse non è ancora il peggio.
L’unico che si era rifiutato di uccidere chiese di tornare
in Germania. Le norme erano dalla sua parte, sapeva come fare e i comandi non
ebbero nulla da dire. “Nella vita facevo il piccolo imprenditore, ero abituato
a prendere decisioni da solo, a fare di testa mia, gli altri meno: credo sia
stato questo a fare la differenza.” Finita la guerra, ebbene fu lui l’unico
(assieme al comandante, subito fucilato dai russi – o dai polacchi) a pagare.
Giorni prima, mancando il comandante era stato lui a firmare un ordine di
requisizione dei beni di cittadini polacchi (o una cosa simile). Un atto
illegittimo, un crimine di guerra, nessuno del suo gruppo lo difese, si era
voluto distinguere? Aveva voluto fare quello più bravo degli altri? Ecco,
adesso ti tocca. Dieci anni di galera, e se li fece tutti (gli altri invece
niente, tutti neanche mandati a processo).
I suoi compagni non li denunciò, a cosa sarebbe servito? E
forse era una maniera di farsi accettare di nuovo dal gruppo. Ma, se come dice
la bibbia, per un solo giusto sarà salva la città, be’ forse grazie a lui si può ancora sperare.
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