venerdì 26 marzo 2010

Uomini comuni.


di Christopher Browning 

 

 
   Uomini comuni
   Christopher R. Browning

   2004
   Piccola  Biblioteca Einaudi Ns
   pp. XX - 258
   € 18,00
   ISBN 978880617067
 


Libro sconsigliato alle persone impressionabili.
In tono sobrio e scientifico, parla infatti di qualcosa di spaventoso (del male, si potrebbe dire): di come cioè persone normalissime possano diventare - in modo tutto sommato rapido e semplice - dei mostri.
Da documenti d’archivio, viene ricostruita la storia di una compagnia, scelta a caso fra le tante, di personale paramilitare tedesco durante la seconda guerra mondiale. Tutta gente di una certa età, sposati, padri di famiglia, di estrazione semplice, operai, piccoli commercianti, impiegati. Non particolarmente appassionati del regime nazista, anzi al contrario, a volte con un passato socialista, cristiano o nei sindacati. Arruolati controvoglia nei ranghi della polizia per mancanza di meglio, pensavano di sfangarsela così il periodo di guerra. Dei classici imboscati, insomma. Poi a un certo punto per carenza di personale vennero improvvisamente mandati in Polonia come servizio di polizia nelle retrovie. Finché un giorno arrivò una disposizione un po’ particolare. Il comandante li radunò tutto agitato, quasi in lacrime, precisando subito che chi voleva si poteva rifiutare. Si trattava di andare in un villaggio lì vicino, radunare gli ebrei (più che altro vecchi, donne, bambini) e procedere alla loro eliminazione. Chi non voleva si poteva rifiutare, disse il comandante.
Nessuno la prese bene. Gli uomini si guardavano l’un l’altro, un brutto lavoro, una cosa schifosa, gli era toccata. Uno si rifiutò, non era nelle loro mansioni. Ma gli altri andarono, di malavoglia certo, ma quello era il compito del giorno.
Alcuni rimasero un po’ indietro, si nascosero dietro il camion. Altri si diedero da fare senza troppo zelo, giusto il minimo indispensabile, ispezionando qua e là senza troppa attenzione. Ma per il pomeriggio avevano comunque rastrellato un bel po’ di ebrei, e a questo punto bisognava eliminarli.
Ad ognuno fu assegnato il suo, due se si trattava di una mamma con il suo bambino, e si incamminarono verso il bosco. Qui li fecero sdraiare e gli spararono in testa.
“Il piccolo aveva tre anni, proprio come il mio piccolo Hans. Ma gli ho sparato lo stesso. E’ stato terribile.” Nel villaggio poi c’erano anche ebrei che parlavano tedesco, scappati dalla Germania, anzi addirittura della loro stessa città, gente che conoscevano personalmente, il negoziante dell’angolo, il dottore, “una brava persona, simpatico, ci supplicava, cosa fate? Ma gli ho sparato lo stesso.” (La prima persona è una delle cose peggiori di queste testimonianze: non sono “loro” i mostri, sono “io”).
Quel giorno rimasero profondamente scossi. La volta successiva, fu meno dura. Poi divenne routine e un certo punto cominciarono addirittura a prenderci gusto – per la fine della guerra, ognuno di loro ucciderà personalmente 400-500 ebrei (uccisi guardandoli in faccia e a distanza ravvicinata: qualcosa che sconvolgerà sembra lo stesso Himmler, che forse per questo proporrà il metodo più “umano” ovvero più asettico delle camere a gas).
Ma forse non è ancora il peggio.
L’unico che si era rifiutato di uccidere chiese di tornare in Germania. Le norme erano dalla sua parte, sapeva come fare e i comandi non ebbero nulla da dire. “Nella vita facevo il piccolo imprenditore, ero abituato a prendere decisioni da solo, a fare di testa mia, gli altri meno: credo sia stato questo a fare la differenza.” Finita la guerra, ebbene fu lui l’unico (assieme al comandante, subito fucilato dai russi – o dai polacchi) a pagare. Giorni prima, mancando il comandante era stato lui a firmare un ordine di requisizione dei beni di cittadini polacchi (o una cosa simile). Un atto illegittimo, un crimine di guerra, nessuno del suo gruppo lo difese, si era voluto distinguere? Aveva voluto fare quello più bravo degli altri? Ecco, adesso ti tocca. Dieci anni di galera, e se li fece tutti (gli altri invece niente, tutti neanche mandati a processo).
I suoi compagni non li denunciò, a cosa sarebbe servito? E forse era una maniera di farsi accettare di nuovo dal gruppo. Ma, se come dice la bibbia, per un solo giusto sarà salva la città, be’ forse grazie a lui si può ancora sperare.

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