E’ un po’ una via di mezzo fra Sven Hassel e lo Jünger di Nelle tempeste di acciaio: più filosofico e umano del primo, più crudo e disperato del secondo.
All’inizio della seconda guerra mondiale, un gruppo di giovani marinai vanno a fare i sommergibilisti. Fra bevute, storie tristi di donne, insofferenza (o disprezzo) del nazismo, ineluttabilità della sconfitta, moriranno tutti, chi in mare, chi suicida. L’ultimo lo lasciamo naufrago senza nulla a cui aggrapparsi, in mezzo all’oceano vuoto a perdita d’occhio, assieme ai compagni superstiti. Quando alla fine li ritroveranno, solo alcuni di loro saranno sopravvissuti.

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