Al liceo, gli estremisti erano i tipi più interessanti, sempre con qualcosa di più importante da fare. Seduti su un muretto a parlare, o tutti affollati nel bar, o in giro nei viali nebbiosi d'inverno – quella cosa evocata e misteriosa, che non esiste, che si cerca, in modo segreto: come rende affascinanti! (la maggior parte è finita male, qualcuno invece – ma pochi, quasi sempre quelli più violenti e arroganti - di successo. Quelli finiti male erano invece i più sensibili e i più poveri – ma in realtà anche i più autodistruttivi e quindi in qualche modo predestinati.)
Il metodo era di alzare sempre il tiro, snobbando quello che facevano gli altri. Troppo banale, compromissorio, già visto e fallito: sono altre le cose che ci vogliono! E a furia di alzare il tiro, e di spostarsi sempre più in là, e di rilanciare le aspettative, l'ora di dimostrare ciò che si voleva fare a un certo punto è svanita.
Peggio: alla fine di tutta quella sperimentazione, di quella frenesia di liberazione, di quel cercare qualcosa di nuovo e mai visto, ci si sarebbe aspettato qualcosa di straordinario e invece è stato: eroina, e terrorismo. Compagni di scuola che entravano in Prima Linea, Prima Linea che uccideva amici di famiglia.
Quindi, nessun rimpianto. L’obiettivo da allora non è stato più quello di epatér le bourgeois, ma di cercare di salvare la pelle (cosa molto più noiosa).
Ma restano ancora delle cose da chiarire.
Innanzitutto: come accade che si passi così rapidamente, in un batter d'occhio, da una posizione di antagonismo radicale alla clamorosa accettazione della cultura borghese, nella sua versione peggiore, poi?
E poi: perché invece c'è chi si ostina, si accanisce, continua a cercare qua e là motivi di indignazione, sempre più tristi e banali - va bene, è evidente anche questo.
È il prezzo che bisogna pagare per essersi legati a un gruppo e a un'illusione, che prima ti carica di energie, di coraggio e di capacità, che non si sarebbe mai immaginato di possedere, e poi ti abbandona. Così appare evidente la stupidità di chi si lascia andare all'entusiasmo, ai miti; e dopo continuare a fingere è impossibile.
Eppure c'è qualcosa che non torna.
Senza queste illusioni, senza questa stupidità, questo fanatismo, tante cose non si sarebbero mai fatte, tante relazioni, scoperte, opere, sentimenti: e sono cose reali, che esistono, che si vivono, e che persistono oltre il motivo - l'inutile motivo - che le ha generate.
Ma allora è questa illusione ciò che spinge a darsi da fare, a superare l'ostacolo, alla scoperta del bene e del giusto (e del male, anche), o più semplicemente al divertimento, alla vita sana, all'attività: pensando e sperando scioccamente che ci sia qualcosa per cui ne valga la pena.
Con questa, si è al centro del mondo, e ogni cosa dà piacere e incuriosisce. Finita questa, il resto è noia, fastidio, frenesia, e non si conta più nulla.
Si vive solo per i motivi sbagliati.
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