martedì 3 novembre 2009

Libero professionista.

L’architetto con cui sto facendo un lavoro è un bell’uomo, simpatico, piacente, sulla sessantina, di buona famiglia.
Qualche anno fa ho avuto una disavventura terribile, mi racconta in una pausa prima di una riunione. Una mattina, ero solo in casa (è separato) e non riuscivo ad alzarmi dal letto. Mi alzo, e cado. E’ come se non avessi più il senso dell’equilibrio.

La donna di servizio, che nel frattempo era arrivata, mi dice, lei ha qualcosa, lei si fa vedere (è ecuadoregna o qualcosa del genere). Ma avevo delle cose urgenti da fare in studio (ha più di quaranta dipendenti), così sono andato lo stesso. Un terribile mal di testa tutto il giorno. La sera, è venuta a cena una mia amica. Mi guarda, e fa: mi spiace dirtelo, ma penso che tu stia morendo. Chiama un’ambulanza, mi fa portare al pronto soccorso, il medico appena mi vede mi manda in sala operatoria, vengo operato nella notte. Ho un grumo di sangue nel cervello, grande come un’arancia, ancora qualche ora ed era finita.
Faccio sapere in studio che sono dovuto andare in America per un cliente importante, e per una settimana sto in ospedale. Poi torno in studio, dò una rapida occhiata a come procedono i lavori, per fortuna è luglio e così posso dire che vado in vacanza. Riesco in questo modo a farmi un mese di convalescenza. Torno a settembre e tutto è a posto, nessuno l’ha saputo - sei il primo a cui lo racconto.
Sai, è la vecchia storia che un professionista non si deve ammalare mai. Basta che giri la voce e sei finito.

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