mercoledì 13 settembre 2023

il Belli

Sonetti
Può sembrare inutile (e forse anche un po' presuntuoso) consigliare un'opera così famosa e giustamente amata per l'incredibile immediatezza, sincerità e articolazione dei temi toccati (davvero dall'alto al basso). Ma non è sempre facile districarsi nella gran quantità di sonetti (oltre 2.200); ne volevo allora consigliare qualcuno come assaggio (il numero è riferito all'edizione completa del 1952 nb, altre numerazioni  sono un pochino diverse nel senso che contengono qualche sonetto in più).
Questo è abbastanza famoso:
596 (Er bon padre spirituale)

«Accúsati figliuola». «Me vergogno»
«Niente: ti aiuto io con tutto il cuore.
Hai dette parolacce?» «A un ber zignore».
«E cosa, figlia mia?» «Bbrutto carogno».

«Hai mai rubato?» «Padre sí, un cotogno».
«A chi?» «Ar zor Titta». «Figlia, fai l’amore
«Padre sí». «E come fai?» «Da un cacatore
ciarlamo». «E dite?» «Cuer che cc’è bbisogno».

«La notte dormi sola?» «Padre sí».
«Ciài pensieri cattivi?» «Padre, oibò».
«Dove tieni le mani?» «O cqui o llí...».

«Non ti stuzzichi?» «E cc’ho da stuzzicà
«fra le cosce...». «Sin’adesso no,
(ma sta notte sce vojjo un po’ pprovà)».

Abbastanza erotici anche il 595 (Er confessore) il 1325 (Primo, conzijjà li dubbiosi) e il 625 (L'ingeggno dell'omo) (ma ce ne sono molti altri).
Sempre molto famoso questo: 774 (La vita dell'omo)

Nove mesi a la puzza: poi in fassciola
tra sbasciucchi, lattime e llagrimoni:
poi per laccio, in ner crino, e in vesticciola,
cor torcolo e l’imbraghe pe ccarzoni.

Poi comincia er tormento de la scola,
l’abbeccè, le frustate, li ggeloni,
la rosalía, la cacca a la ssediola,
e un po’ de scarlattina e vvormijjoni.

Poi viè llarte, er diggiuno, la fatica,
la piggione, le carcere, er governo,
lo spedale, li debbiti, la fica,

er zol d’istate, la neve d’inverno...
E pper urtimo, Iddio sce bbenedica,
viè la Morte, e ffinissce co l’inferno.

Consiglio anche altri tipo il famosissimo 165 (La creazzione der monno), il 1252 (Er buscio della chiave); fa tenerezza il 1217 (Se more), divertente il 1109 (Li beccamorti) e i 2087 (La vita da cane) e 1706 (Cosa fa er Papa?) sull'industriosità dei Papi. Ma sicuramente ne dimentico tantissimi altrettanto belli (è forse l'unico caso in cui la parlata romanesca ispira simpatia ;-).
Si ispirò a Carlo Porta, forse conobbe Leopardi (erano grosso modo coetanei) con cui condivide alcuni toni pessimisti e sicuramente a una serata letteraria incontrò Gogol (che ne parlò entusiasticamente per lettera).
I sonetti non furono mai pubblicati in vita (anche se erano largamente noti) ed erano destinati alla distruzione (ma una seconda copia la salvò un amico).
Divenuto anziano e costretto per povertà a lavorare come censore papale, vietò le opere di Shakespeare in quanto politicamente pericolose (anche Collodi finì in modo simile, rilasciando autorizzazione alle rappresentazioni teatrali in cambio di prestazioni sessuali da parte delle attrici).
Sic transit.


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