Mi è capitato di frequentare, per
motivi professionali, due vecchi amici, un architetto di una certa
età e un suo cliente coetaneo. Tutti e due appartenenti alla Milano
bene, nobili o di buona famiglia, agiati, distinti, ma anche buoni e
simpatici; per cui si era creata quindi una certa familiarità.
Capitava così che ci trovassimo a mangiare qualcosa assieme, o a
chiacchierare durante dei viaggi, o ad aspettare assieme su un
divanetto prima di una riunione: e loro ne approfittavano per
scambiare due parole fra amici.
Gli argomenti erano più o meno sempre gli stessi, le cose più di interesse: le moto, le auto, gli animali (cani o cavalli, a cui erano molto affezionati), le donne: tutti peraltro più o meno trattati allo stesso modo, con grande affetto e passione – ma più o meno sullo stesso livello: tanto è vero che a volte non si capiva la differenza. Mi ha dato grandi problemi – dicevano – ma ero molto affezionato, non riuscivo a lasciarla. Una donna? No, una moto. Ci metteva un po' a scaldarsi, ma poi una volta partita era una meraviglia. Una moto? No, una donna.
Erano abbastanza equanimi, peraltro, nei loro giudizi: che fossero cugine, laureate, cameriere, contesse, il metro di giudizio era più o meno sempre lo stesso. E si basava fondamentalmente su due parametri: rompe/non rompe; la dà/non la dà.
Per cui, sull'avvocatessa tal dei tali, il ricordo era: uh, come rompeva! Però la dava (per cui tutto sommato andava abbastanza bene). Di un'altra: non la dava. Però almeno non rompeva. Insomma, non troppo male. Fino alla più temibile, la tremenda: non la dava. E quanto rompeva! Quello era il peggio di tutto, vituperio delle genti. Consolato però dalle migliori: la dava. E non rompeva. Questo era proprio il massimo.
Gli argomenti erano più o meno sempre gli stessi, le cose più di interesse: le moto, le auto, gli animali (cani o cavalli, a cui erano molto affezionati), le donne: tutti peraltro più o meno trattati allo stesso modo, con grande affetto e passione – ma più o meno sullo stesso livello: tanto è vero che a volte non si capiva la differenza. Mi ha dato grandi problemi – dicevano – ma ero molto affezionato, non riuscivo a lasciarla. Una donna? No, una moto. Ci metteva un po' a scaldarsi, ma poi una volta partita era una meraviglia. Una moto? No, una donna.
Erano abbastanza equanimi, peraltro, nei loro giudizi: che fossero cugine, laureate, cameriere, contesse, il metro di giudizio era più o meno sempre lo stesso. E si basava fondamentalmente su due parametri: rompe/non rompe; la dà/non la dà.
Per cui, sull'avvocatessa tal dei tali, il ricordo era: uh, come rompeva! Però la dava (per cui tutto sommato andava abbastanza bene). Di un'altra: non la dava. Però almeno non rompeva. Insomma, non troppo male. Fino alla più temibile, la tremenda: non la dava. E quanto rompeva! Quello era il peggio di tutto, vituperio delle genti. Consolato però dalle migliori: la dava. E non rompeva. Questo era proprio il massimo.
[i due peraltro sono dei veri gentiluomini, rispettosi, amabili, gentili, piacenti: ed esercitano tuttora un certo fascino sul genere femminile]
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