domenica 22 marzo 2020

La battaglia di Pavia

Il Re era in posizione di forza. Gli sarebbe bastato rimanere fuori dalla città, e l'esercito nemico presto si sarebbe dissolto: malattie, cibo che mancava, paghe che non arrivavano – bastava aspettare. Ma i nobili del Consiglio – tutti aristocratici giovani e ardenti come lui – lo spronarono: il re dimostra il suo valore sul campo di battaglia, conquista l'autorità alla testa del suo esercito!
L'altro – l'Imperatore – non era neanche sul posto. Il comando era affidato a un generale di vecchia esperienza.
Il re di Francia quindi entrò nel campo di battaglia, alla testa della sua magnifica cavalleria, tutta composta dal fiore della gioventù aristocratica. Là in fondo, la cavalleria degli imperiali – meschini – tentava una scaramuccia. Partirono subito all'assalto, gli altri si diedero alla fuga, loro si lanciarono all'inseguimento.
Qualche ora prima, alle prime luci dell'alba, il generale degli imperiali aveva fatto entrare alla spicciolata i suoi archibugieri a piedi e li aveva fatti nascondere sulle rive della Vernavola, il fiumiciattolo che scorre alle spalle del Castello. Aveva calcolato che dopo circa un chilometro la carica della cavalleria francese si sarebbe fermata a riprendere fiato, le armature erano troppo pesanti.
Quando il re con i suoi nobili si fermò a far rifiatare i cavalli, gli archibugieri aprirono il fuoco. Miravano ai cavalli, che stramazzavano a terra imprigionando i cavalieri nelle loro pesanti armature. Una volta abbattuti, passavano a piedi fra i cavalieri infilando la lama della spada nella fessura fra l'armatura e l'elmo. Così morì la maggior parte degli eredi delle principali casate francesi.
Il re riuscì a scappare verso nord; ma adesso era separato dal suo esercito, che quindi era rimasto privo di un comandante. Ma c'erano ancora i lanzi assieme ai mercenari svizzeri, loro erano fortissimi sul campo di battaglia, ci avrebbero pensato loro.
I lanzi bianchi erano cattolici, però. Anche l'Imperatore lo era, ma in questo caso non aveva importanza. Contro di loro il generale imperiale mosse i lanzi neri, protestanti. Era l'ora della vendetta, finalmente.
Cosa avvenne nello scontro esattamente non si sa, perché i cronisti dell'epoca dicono che era stato troppo ripugnante per riferirlo. Fatto sta che gli svizzeri fuggirono – la prima volta nella loro storia. Fuggirono verso il Ticino, dove però il ponte di barche era stato tagliato dall'esercito francese in fuga. Morirono quindi tutti annegati. E da quel giorno in Svizzera decisero di smettere di fare i soldati mercenari, diventarono neutrali.
Il re in fuga venne catturato da dei contadini presso la cascina Repentita, dove c'è ancora un cartello di ricordo (repentita vuol dire rea pentita, ovvero una prostituta che in tarda età si era volta alla religione e aveva usato i suoi soldi per comprare appunto una cascina) - e consegnato prigioniero agli imperiali. E i contadini vennero subito impiccati, perché non dovevano permettersi di toccare un nobile.
Fine della battaglia di Pavia.
Battaglia di grande modernità:
  • non vince l'onore, ma l'organizzazione
  • i capi non rischiano di persona
  • vince la tecnologia, le armi nuove, non l'ardore guerriero
  • spariscono i mercenari, l'ideologia è il propellente più forte
  • l'umile fante ha la sua rivincita; sì, ma fino a un certo punto. Finito il loro compito, le differenze di classe restano.


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