Paura di volare.
Be’, è un bel libro. Ai tempi passava come un proto-porno
femminile, un caso sociologico più che altro. Invece è come un Lamento di
Portnoy scritto da una donna, in tante cose vale (o batte?) Philip Roth
(addirittura). Bellissimo l’incontro con la psichiatra lainghiano (allora di
gran moda) con i sandali e i piedi sporchi, o il racconto delle giornate in
famiglia a Beirut (quei pomeriggi troppo assolati che sembrano certe estati in
meridione). O le considerazioni sulla figa insaziabile, quella che sarà
l’ultima a morire, o i rumori e le scoregge dell’uomo a cui si dorme di fianco.
Proprio una lingua (e una testa) notevoli.
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