domenica 21 gennaio 2024

T. N.

Era un narcisista, è abbastanza evidente. Ha scritto la sua autobiografia in terza persona (come Giulio Cesare e Berlusconi). Quando è scappato all'estero, non ha sentito opportuno dire qualcosa in merito (tempo dopo, scrisse che si era consultato con degli “operai” che lo avevano confermato che facesse parte della loro cultura - ?).
Gli piaceva la violenza, come una sorta di Pol Pot mancato. Nella sua cupa organizzazione venivano tirati dentro adolescenti impacciati, idealisti, pagliacci, pazzi scatenati: tutti insomma vengono buoni*, se un po' spostati e bisognosi di qualcosa su cui buttarsi.
Aveva un sorrisetto falso e cattivo, ma (forse se ne era accorto) negli ultimi libri esaltava l'amore (ma era un'altra falsità). Si è messo solo con donne ricche di buona famiglia, tutta una serie, peraltro.
I suoi libri sono certamente interessanti ma largamente illeggibili per un lettore medio, diciamo.
Comunque è stato accusato di reati che non aveva commesso, e questo in qualche modo lo salva. Ma non facciamone un santino, per carità!

[* è una citazione - davvero molto nascosta e incomprensibile - di V13 di Carrére, il libro che racconta il processo ai responsabili degli attacchi del Bataclan (solo personaggi minori e chi si è tirato indietro all'ultimo momento, gli altri erano stati tutti uccisi). Le modalità di reclutamento dei fanatici suicidi della shar'ia appaiono in fondo abbastanza simili a quelle degli autonomi, del genere "perdente radicale" alla Enzensberger. 
Colpisce peraltro che le pene di chi alla fine ha rinunciato e non ha fatto niente siano state pesantissime (ergastolo ostativo, ovvero senza contatti personali e senza possibilità di redenzione), esattamente come se fossero andati fino in fondo. Colpisce anche il concetto di taqiyya, ovvero di onesta dissimulazione, per cui il fanatico islamista beve alcool e va in discoteca appunto per non sembrare tale.
Vagamente oscena in effetti la festa finale alla conclusione del processo. Avvocati, giornalisti, magistrati, parenti delle vittime, imputati minori: tutti al bar a bere, ridere e scherzare. Perché alla fine il loro è il sollievo per lo scampato pericolo: ne sono usciti indenni e virtuosi, i cattivi condannati a pene immani (di fatto già decise prima di cominciare, ma il processo mostra che si è tenuto conto delle ragioni di tutti, siamo troppo bravi e civilizzati e onesti), le vittime perdute per sempre. Ma noi siamo buoni (e vincitori). E di quello che è successo in Siria e in Iraq... be' quella è la Storia.]

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