Il passaggio è contenuto nel suo libro sulle conseguenze
economiche della pace, dove con grande lucidità – avendo partecipato come
esperto alla stesura degli aspetti economici del Trattato di Versailles,
trovandosi in profondo disaccordo con quelli della sua parte che volevano la distruzione
e umiliazione degli sconfitti – presentiva quello che poi sarebbe successo:
l’impossibilità della Germania di far fronte alle gravi condizioni imposte, il
conseguente senso di frustrazione e di rivalsa, e quindi in futuro prima poi una nuova guerra, peggiore
della prima.
È quindi con grande sollievo e determinazione che Keynes
accoglie la possibilità di una seconda occasione: partecipare, forte della
precedente esperienza, anche alla stesura degli accordi economici dopo la seconda guerra mondiale. K. nel
frattempo si era ammalato di cuore, e la trattativa si prospettava durissima e
faticosissima: ma dagli accordi di Bretton Woods venne fuori anche il piano
Marshall, il miracolo economico italiano, il welfare, gli anni ’60. il periodo
più lungo di pace e di benessere della storia occidentale, i figli degli operai
che andavano a studiare, i giovani che si danno a sesso e musica.
Insomma Keynes, a cui piaceva il malumore, riuscì a rendere
felici gli altri; anche se non fece in tempo a vederlo, perché morì poco dopo,
con i suoi problemi di cuore aggravati dallo stress dell’impresa compiuta. Ma –
immagino – stavolta soddisfatto per aver compiuto il suo dovere.
Da noi invece diamo grande importanza all’essere piacioni.
L’importante è essere simpatici, piacevoli, di buona compagnia: il resto non
conta nulla. All’estero sono un po’ perplessi: certo, persona simpatiche, ma...
il lavoro sarà ben fatto? Ci possiamo fidare? Nessuno ci ha pensato.
Un tempo non era così. Un tempo eravamo famosi per essere cupi e incazzosi, sì, certo, perché allora eravamo primi nel mondo,
da un punto di vista politico, economico e culturale. La bonomia italiana venne
dopo, con le liete pastorelle che tanto allietavano i ricchi viaggiatori del
Nord Europa – che, si badi bene, spesso si limitavano ad una capatina giusto
nell’immediato al di là delle Alpi: e quindi quelle pastorelle non sono
meridionali, come spesso ci si immagina, e non ballano la tarantella: sono
brianzole, trentine e piemontesi, ballano la monferrina – e sono quindi di
quelle regioni che adesso conosciamo come arcigne e severe – ma produttive.
Insomma il malumore non è una caratteristica di alcuni
popoli. È una caratteristica di chi sta cercando di fare qualcosa.
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