giovedì 10 novembre 2016

Navigli

Per chi è a Milano o dintorni, consiglio un giro in bicicletta lungo le alzaie dei navigli. Tutti e tre vanno bene, Grande (più Bereguardo, molto importante anche se un po' trascurato), Pavese e Martesana-Paderno. I miei preferiti sono il primo e l'ultimo, anche perché collegano direttamente il centro di Milano (quasi) con le sue due “spalle fluviali”, Adda e Ticino, fino alle montagne: raggiungendo e delineando così il territorio naturale della città. E in questo rapporto fra città e campagna – o meglio fra città e contado, rete di centri minori, ma vivi e importanti, acqua e montagna – sta il segreto del funzionamento di Milano.
Ed è proprio il Naviglio Grande quello che ha fatto un po' la differenza: senza questa grande opera ingegneristica medievale (pensate, costruita alla fine del 1200 a pelo d'acqua, dallo sperone di Tornavento, dove c'è l'attuale ponte di Oleggio, a Milano, 50 chilometri senza sbagliare altimetria!) Milano non sarebbe diventata il centro commerciale, ma anche agricolo e industriale – centro economico insomma – che è diventata. Commerciale innanzitutto: perché le merci che scendevano dal Nord Europa attraversando le Alpi trovavano qui un'infrastruttura rapida e sicura che li portava prima a Milano e poi al porto fluviale di Pavia, e quindi sul Po, Adriatico, e poi verso l'Oriente, con grande risparmio di tempo e di denaro. E questo faceva la differenza fra Milano e le altre possibili localizzazioni concorrenti. Poi, agricola: perché il Naviglio irriga. Poi energetica, perché le acque scorrenti muovevano prima i mulini e poi le centrali idroelettriche che davano energia alla nascente grande industria. E infine il loisir, ovvero il piacere del verde, del fresco e delle acque, un tempo nelle ville signorili, oggi in quello che facciamo, pedalando lungo le sue sponde, assieme a centinaia o forse migliaia di persone che si divertono a fare sport, a correre, passeggiare, pattinare, biciclettare, pescare, prendere il sole e chiacchierare lungo le sue rive.
Il Naviglio insomma è il classico esempio della struttura multifunzionale: serve – è servito – a tante cose nel tempo.

E questa multifunzionalità la si vede soprattutto nel misto di ingegneria e di bellezza paesistica nella zona di Paderno: il ponte di ferro, alto, bellissimo il ponte e bellissimo il paesaggio delle sponde scoscese da cui si slancia (qualche anno fa volevano demolirlo per sostituirlo con uno nuovo, pazzi!); il ribollire d'acqua dei troppo pieno delle centrali ottocentesche; le rapide dell'Adda dipinte da Leonardo nella Vergine delle Rocce, dopo aver studiato la zona per risolvere il problema delle conche di Paderno (non ci riuscì, per inciso); e il santuario della rocchetta su uno sperone del fiume, prima insediamento neolitico, poi presidio militare romano, poi medievale, poi covo di briganti,e infine santuario, tutto in una piccola casettina che però è stata tante cose; come la rocca di Trezzo, che in alto si trasforma in castello e in basso in centrale idroelettrica liberty.

I Navigli vengono quindi citati spesso come esempio dell'ingegnosità e versatilità dei milanesi. Bisogna sapere però che se pur le conche furono appunto inventate qui a metà del 1400, quelle effettivamente funzionanti erano solo quelle verso la cerchia interna e sul naviglio di Bereguardo (che peraltro non arrivava fino a Pavia, l'ultimo pezzo bisognava farlo a dorso di mulo); sul Pavese la Conca Fallata (=sbagliata) ci ricorda appunto che al tempo degli Spagnoli non erano riusciti a farle (le farà Napoleone all'inizio Ottocento), ma anche a Paderno quelle del Meda erano crollate (le realizzarono gli austriaci a metà Ottocento), e anche quelle di Vizzola sono austriache (realizzate subito prima che la ferrovia rendesse inutile il trasporto fluviale, peraltro).
E anche per le prime centrali idroelettriche, certo a suo tempo le prime in Europa per potenza, ma il brevetto è americano (Westinghouse), comprato all'Expo di Parigi del 1889,quello della Tour Eiffel tanto per intenderci (mentre all'Expo 2015 il massimo che si poteva comprare erano le patatine belghe o l'hamburger di coccodrillo, per dire); la vera genialata in realtà fu da una parte il trasporto a distanza della corrente alternata (la centrale precedente - a carbone – era di fianco al Duomo), dall'altra quella sorta di project financing ante litteram per cui i costi della centrale erano ripagati gestendo la rete tramviaria cittadina elettrificata, in attesa che si formasse la domanda di energia elettrica da parte dell'industria che aveva trovato così un fattore localizzativo (davvero geniale).
Quindi non è che ci sia da vantarsi più di tanto, un po' ce la contiamo. Bravi sì, non eccezionali. Anche il cosiddetto traghetto di Leonardo, quello che va da una sponda all'altra dell'Adda senza motore, pare non sia stato Leonardo ad inventarlo, c'è in tutto il mondo. Come anche il cosiddetto miracolo economico del dopoguerra, diciamocelo, è stato più che altro un trasferimento di brevetti e know-how dagli Stati Uniti per tenerci nella loro orbita e creare un mercato di sbocco, soldi e lavoro per creare consenso e allontanare il rischio sovietico (vedi Eichengreen). Finito quello, finiti i trasferimenti, il miracolo non si ripropone (checché ne continuino ad auspicare i giornali).
Vabbe'. Mi piacerebbe sapere però quanti posti ci sono al mondo dove puoi partire con la bici dal centro città, andare in campagna, passare per ville e luoghi storici, vedere boschi e rami morti di fiume pieni di animali,cerbiatti ma soprattutto uccelli, gallinelle d'acquea, svassi, garzette, aironi, sdraiarsi in riva al fiume e alla fine arrivare sui laghi in vista alle montagne piene di neve, un'aria frizzantina. Be', è proprio straordinario – tanto è vero che si incontrano non pochi turisti stranieri, perlopiù tedeschi, con carte topografiche esattissime (poi meglio tornare in treno, benedetto il giorno che hanno ammesso il trasporto bici – prima era una faticaccia. Ma ne valeva comunque la pena).

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