Per chi è a Milano o dintorni,
consiglio un giro in bicicletta lungo le alzaie dei navigli. Tutti e
tre vanno bene, Grande (più Bereguardo, molto importante anche se un
po' trascurato), Pavese e Martesana-Paderno. I miei preferiti sono il
primo e l'ultimo, anche perché collegano direttamente il centro di
Milano (quasi) con le sue due “spalle fluviali”, Adda e Ticino,
fino alle montagne: raggiungendo e delineando così il territorio
naturale della città. E in questo rapporto fra città e campagna –
o meglio fra città e contado, rete di centri minori, ma vivi e
importanti, acqua e montagna – sta il segreto del funzionamento di
Milano.
Ed è proprio il Naviglio Grande quello
che ha fatto un po' la differenza: senza questa grande opera
ingegneristica medievale (pensate, costruita alla fine del
1200 a pelo d'acqua, dallo sperone di Tornavento, dove c'è
l'attuale ponte di Oleggio, a
Milano, 50 chilometri
senza sbagliare altimetria!) Milano non sarebbe diventata il centro
commerciale, ma anche agricolo e industriale – centro economico
insomma – che è diventata. Commerciale innanzitutto: perché le
merci che scendevano dal Nord Europa attraversando le Alpi trovavano
qui un'infrastruttura rapida e sicura che li portava prima a Milano e
poi al porto fluviale di Pavia, e quindi sul Po, Adriatico, e poi
verso l'Oriente, con grande risparmio di tempo e di denaro. E questo
faceva la differenza fra Milano e le altre possibili localizzazioni
concorrenti. Poi, agricola: perché il Naviglio irriga. Poi
energetica, perché le acque scorrenti muovevano prima i mulini e poi
le centrali idroelettriche che davano energia alla nascente grande
industria. E infine il loisir, ovvero il piacere del verde, del
fresco e delle acque, un tempo nelle ville signorili, oggi in quello
che facciamo, pedalando lungo le sue sponde, assieme a centinaia o
forse migliaia di persone che si divertono a fare sport, a correre,
passeggiare, pattinare, biciclettare, pescare, prendere il sole e
chiacchierare lungo le sue rive.
Il Naviglio insomma è il classico
esempio della struttura multifunzionale: serve – è servito – a
tante cose nel tempo.
E questa multifunzionalità la si vede
soprattutto nel misto di ingegneria e di bellezza paesistica nella
zona di Paderno: il ponte di ferro, alto, bellissimo il ponte e
bellissimo il paesaggio delle sponde scoscese da cui si slancia
(qualche anno fa volevano demolirlo per sostituirlo con uno nuovo,
pazzi!); il ribollire d'acqua dei troppo pieno delle centrali
ottocentesche; le rapide dell'Adda dipinte da Leonardo nella Vergine
delle Rocce, dopo aver studiato la zona per risolvere il problema
delle conche di Paderno (non ci riuscì, per inciso); e il santuario
della rocchetta su uno
sperone del fiume, prima insediamento neolitico, poi presidio
militare romano, poi medievale, poi covo di briganti,e infine
santuario, tutto in una piccola casettina che però è stata tante
cose; come la rocca di Trezzo, che in alto si trasforma in castello e
in basso in centrale idroelettrica liberty.
I Navigli vengono quindi citati spesso
come esempio dell'ingegnosità e versatilità dei milanesi. Bisogna
sapere però che se pur le conche furono appunto inventate qui a metà
del 1400, quelle effettivamente funzionanti erano solo quelle verso
la cerchia interna e sul naviglio di Bereguardo (che peraltro non
arrivava fino a Pavia, l'ultimo pezzo bisognava farlo a dorso di
mulo); sul Pavese la Conca Fallata (=sbagliata) ci ricorda appunto
che al tempo degli Spagnoli non erano riusciti a farle (le farà
Napoleone all'inizio Ottocento), ma anche a Paderno quelle del Meda
erano crollate (le realizzarono gli austriaci a metà Ottocento), e
anche quelle di Vizzola sono austriache (realizzate subito prima che
la ferrovia rendesse inutile il trasporto fluviale, peraltro).
E anche per le prime centrali
idroelettriche, certo a suo tempo le prime in Europa per potenza, ma
il brevetto è americano (Westinghouse),
comprato all'Expo di Parigi del
1889,quello della Tour Eiffel tanto per intenderci (mentre
all'Expo 2015 il massimo che si poteva comprare erano le patatine
belghe o l'hamburger di coccodrillo, per dire); la vera genialata in
realtà fu da una parte il trasporto a distanza della corrente
alternata (la centrale precedente - a carbone – era di fianco al
Duomo), dall'altra quella sorta di project financing ante litteram
per cui i costi della centrale erano ripagati gestendo la rete
tramviaria cittadina elettrificata, in attesa che si formasse la
domanda di energia elettrica da parte dell'industria che aveva
trovato così un fattore localizzativo (davvero geniale).
Quindi non è che ci sia da vantarsi
più di tanto, un po' ce la contiamo. Bravi sì, non eccezionali.
Anche il cosiddetto traghetto di Leonardo, quello che va da una
sponda all'altra dell'Adda senza motore, pare non sia stato Leonardo
ad inventarlo, c'è in tutto il mondo. Come anche il cosiddetto
miracolo economico del dopoguerra, diciamocelo, è stato più che
altro un trasferimento di brevetti e know-how dagli Stati Uniti per
tenerci nella loro orbita e creare un mercato di sbocco, soldi e
lavoro per creare consenso e allontanare il rischio sovietico (vedi
Eichengreen). Finito quello, finiti i trasferimenti, il miracolo non
si ripropone (checché ne continuino ad auspicare i giornali).
Vabbe'. Mi piacerebbe sapere però
quanti posti ci sono al mondo dove puoi partire con la bici dal
centro città, andare in campagna, passare per ville e luoghi
storici, vedere boschi e rami morti di fiume pieni di
animali,cerbiatti ma soprattutto uccelli, gallinelle d'acquea,
svassi, garzette, aironi, sdraiarsi in riva al fiume e alla fine
arrivare sui laghi in vista alle montagne piene di neve, un'aria
frizzantina. Be', è proprio straordinario – tanto è vero che si
incontrano non pochi turisti stranieri, perlopiù tedeschi, con carte
topografiche esattissime (poi meglio tornare in treno, benedetto il
giorno che hanno ammesso il trasporto bici – prima era una
faticaccia. Ma ne valeva comunque la pena).
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