lunedì 27 gennaio 2020

Stephen King


Anni fa, alla libreria Feltrinelli i libri di King li tenevano in uno scorrevole in basso, come una cosa insomma che se un cliente te la chiedeva ce la dovevi avere, ma di cui un po' ti vergognavi. Un po' come i preservativi in farmacia, che una volta li tenevano nascosti.
E invece Shining è davvero bello, complesso e non banale (meglio del film di Kubrick, per dire). E anche Carrie. E anche Misery (super!). E anche Stand by me. E anche Dolores Claiborne, ecc, ecc, ovvero praticamente tutto quello che ho letto di lui. E anche On Writing è bello, chiarisce bene cosa vuol dire scrivere meglio di tanti saggi.
King era figlio di una “white trash”, ovvero di una ragazza bianca che faceva i lavori umili da nero, cameriera, donna delle pulizie, ecc., e che aveva avuto tre figli da tre uomini diversi, che neanche si sapeva chi fossero. Lui la adorava. Il primo racconto scritto da bambino l'aveva dato a lei, che glielo aveva pagato tre dollari, dicendogli: è meglio di tanta roba che si pubblica. Da qui, l'invio dei primi racconti a tutte le riviste americane. Raccoglieva le lettere di rifiuto, che attaccava a un chiodo della roulotte in cui vivevano, e a un certo punto aveva dovuto mettere un rinforzo alla mensola perché erano troppe. Un giorno però, anziché la solita lettera prestampata, chi gli rifiutava il racconto aveva aggiunto qualche consiglio. Lì ho capito che ce l'avrei fatta – dice – ero stato notato, qualcosa funzionava. Divenne grande, si sposò. Continuò a scrivere (senza avere ancora pubblicato nulla). Scriveva tenendo la macchina da scrivere sulle ginocchia, nella roulotte in cui viveva adesso con la moglie. Aveva buttato nel cestino l'ultima sua prova di romanzo, non lo convinceva; sua moglie di nascosto lo tirò fuori, lo lesse: è roba buona, gli disse, mandalo. Dopo un po' gli giunse la risposta, lo compriamo, un milione di dollari (! - be', questa è l'America, nel bene e nel male) Il libro era Carrie.
Dopo il primo successo, e dopo il secondo, l'agente l'aveva avvertito: sei sicuro di voler continuare con il terrore? Rischi di essere etichettato come autore di genere (e magari di essere nascosto nel cassetto da un futuro commesso delle librerie Feltrinelli). Be', chi se ne frega, i soldi mi servono, aveva risposto lui.
Quando era diventato famoso, gli avevano chiesto: è vero che scrive davvero tutti i giorni? Be', sì, tranne Natale e il giorno del mio compleanno, aveva risposto. Ma ho detto una bugia. Scrivo anche a Natale e al compleanno. E in viaggio a Parigi per una vacanza, scendendo dall'aereo gli era venuta in mente una storia di un'infermiera che tiene chiuso in casa uno scrittore, e insomma arrivato in albergo nel mezzo della notte non ce la faceva più e aveva chiesto una stanza per cominciare a scrivere.
Se non avessi fatto lo scrittore, sarei stato un tossicomane o un serial killer, o cose del genere, dice. È così.


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