di René Girard
In grande sintesi, quello che dice è:
si agisce avendo sempre a mente un modello ideale, qualcuno che
imitiamo. E quindi in fondo non si inventa mai nulla, sono
reinterpretazioni di archetipi vitali e nulla è veramente nuovo,
anche quando ci sorprende, come ci sorprende l'amore, sempre diverso
e sempre uguale. Da qui il titolo (davvero suggestivo): la verità è
nel romanzesco (nell'archetipo raccontato), i miti romantici di
libertà e originalità sono menzogneri.
Pensiero di fatto reazionario, ma di
profonda complessità. E quindi i movimenti del '68 non facevano
altro che riprendere comportamenti e gesta dei rivoluzionari del
Terzo Mondo (giusto!), che avevano in mente le rivoluzioni dopo la
prima guerra mondiale (certo), che pensavano alle rivoluzioni tradite
del '48 (assolutamente), che avevano in mente la Rivoluzione francese
(sì), e quelli la rivoluzione americana, e loro quella inglese, e
gli inglesi la Riforma protestante e gli anabattisti, e loro i
catari, e i catari i primi cristiani e forse Spartaco... E Spartaco, chi imitava? Da
qualche parte della storia, nella notte dei tempi, qualcuno deve
avere fatto qualcosa per la prima volta. Qualcuno a un certo punto si
è alzato e ha parlato. E non ha imitato nessuno.
[notevoli anche il Capro espiatorio e
la Violenza e il sacro, letto solo in parte, confesso. E Delle cose
nascoste fin dall'inizio del mondo, titolo bellissimo, ma non sono
riuscito a leggere quasi niente, ahimè]
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