di Orlando Figes
Libro magnifico e sorprendente,
soprattutto per chi ama la cultura russa. Si imparano tante cose,
tanti dettagli rivelatori, che ci si chiede: come ho fatto a non
saperlo prima?
Lo zio di Tolstoj, ad esempio, si
chiamava Sergej Volkonskij (vi ricorda qualcuno? Andrej Bolkonskij,
tanto per dire? Ebbene sì). Guerra e Pace è stato pensato
inizialmente come omaggio allo zio, eroe del 1812, poi decabrista e
deportato in Siberia (se pur nobile e precettore dello zar Nicola I).
E in Siberia era stato trent'anni, vivendo con i mužik,
rifiutandosi di tornare quando alla fine il nuovo zar lo aveva
amnistiato, “non tornerò fino a quando i contadini non saranno
liberi” (ruolo cruciale della guerra per fare scoprire alla nobiltà
i valori del popolo – il legame con i contadini veniva di fatto dal
cameratismo militare, essere stati in battaglia assieme, aver
sofferto assieme la fame, il freddo, la paura) (e improvvisamente si capisce questa
dicotomia fra Andrej e Pëtr, con quella sua strana e incomprensibile passione per i contadini:
sono la stessa persona, uniti da un evento che non si può nominare e
quindi censurato, ovvero la ribellione contro lo zar).
Sua moglie, nobile anche lei, aveva
chiesto di seguirlo nell'esilio. Ma era stata minacciata: avrebbe
perso il titolo e il patrimonio, se lo seguiva. Ma era partita lo
stesso per raggiungerlo. Lo zar allora aveva dato l'ordine: se
prosegue, toglietele anche il figlioletto. Ma diteglielo solo quando
sarà arrivata a Tomsk, in Siberia. Lì avrà capito cosa vuol dire
veramente, la Siberia: e cederà. Ma lei, arrivata a Tomsk, non aveva
ceduto, e piuttosto aveva perso la custodia e il diritto di rivedere
il piccolo figlio amatissimo (da qui il modo di dire russo, tuttora
in voga, per indicare una donna fedele: la moglie del decabrista). E
il bello è che non si amavano già più, in realtà, lei si trovò
rapidamente un altro: ma non poteva darla vinta all'assolutismo dello
zar, suo marito non lo abbandonava nel momento della difficoltà.
Questa donna (la moglie del decabrista)
compare incredibilmente in un altro monumento della letteratura
mondiale: sono suoi i piedini che corrono sulla spiaggia, che danzano
sui tappeti, che... eccetera eccetera, proprio quelli che compaiono
nell'Evgenij Onegin di Puškin,
anche lui innamorato di lei, ma vanamente. È la prima volta che i
piedi femminili appaiono in una lirica occidentale come oggetto di
ammirazione: secondo l'interpretazione freudiana (oggi passata di
moda) starebbero ad indicare il sesso femminile (nel senso di organo
sessuale) (interpretazione bizzarra). D'altra parte, quante occasioni
c'erano nella fredda Mosca di vedere un piede femminile, se non a
letto? E quindi, oltre ad essere il simbolo delle mogli fedeli, e il modello di una delle ragazze
innamorate più famose del mondo, Marija Raevskaja (questo il suo
nome) è
anche la prima donna a cui sia stata dedicata una poesia alla sua
figa.
Il rapporto con la servitù (in
particolare femminile, le njanje) era comunque centrale negli uomini
russi: vedi ad esempio Herzen (grandissimo autore poco conosciuto, il
Passato e i Pensieri è una miniera inesauribile di osservazioni,
intuizioni, battute, passione, intelligenza... ahimè, chi è che
dice che l'Ottocento è stato un secolo parruccone?): come diceva
lui,“per tutti i bambini russi, in salotto ci si annoia, nella
stanza delle serve ci si diverte”; e quando la sua bambinaia
durante un litigio aveva voluto colpirlo, gli aveva detto: “eh sì,
cosa credi, anche tu diventerai un padrone come gli altri”,
offendendolo tantissimo (divenne socialista ed esiliato). E
Strawinskij, che pur si diceva internazionale e non russo, figurarsi,
raggiunto da un giornalista nella sua casa di Los Angeles, venne
trovato non solo circondato da icone, ma intento a mangiare la
minestra con lo stesso cucchiaio che gli aveva regalato da piccolo la
sua njanja! Njanje che peraltro si proponevano di accompagnare i loro
padroncini in guerra, quando oramai fattisi grandi dovevano partire:
ah no, senza di me come farai? Vengo anch'io. E la sera, finita la
battaglia, faremo una torta.
E i militari russi, spediti ad Oriente
a colonizzare i popoli asiatici, che invece ne assimilavano
rapidamente usi e costumi? Di una colonia spedita in Jakuzia a
colonizzare gli indigeni, i risultati dopo due anni erano: nessun
jakuzo ha imparato il russo. L'80% dei russi adesso parla jakuzo.
Ma questi russi, se non esistessero
bisognerebbe inventarli!
[Nel libro si coglie anche una
possibile spiegazione, semplice e disarmante, dell'insoddisfazione
tolstojana. Si scopre infatti che era follemente innamorato di una
sua contadina, Aksin'ja Bazykina per la precisione, che però non
aveva avuto il coraggio di sposare e neanche di liberare dalla
servitù (come avevano cominciato a fare alcuni nobili suoi
contemporanei). Aveva preferito mantenere il suo ruolo e i suoi
privilegi (che fra l'altro gli consentivano di fare lo scrittore...
anzi, uno degli scrittori più grandi di tutti i tempi!), e quindi
era divorato dai sensi di colpa, si sentiva un vigliacco (e lo era).
Per quanto banale, è plausibile. E anche Resurrezione si spiega come tentativo di superare questa sua vicenda autobiografica. E anche la sua fuga da vecchio
diventa comprensibile, è il tentativo di fare in estremo quello che
non aveva avuto il coraggio di fare da giovane. E quindi non lasciate
rimpianti nel cassetto, resteranno sempre lì a tormentarvi fino alla
fine]
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