mercoledì 2 maggio 2018

La danza di Nataša


di Orlando Figes

Libro magnifico e sorprendente, soprattutto per chi ama la cultura russa. Si imparano tante cose, tanti dettagli rivelatori, che ci si chiede: come ho fatto a non saperlo prima?
Lo zio di Tolstoj, ad esempio, si chiamava Sergej Volkonskij (vi ricorda qualcuno? Andrej Bolkonskij, tanto per dire? Ebbene sì). Guerra e Pace è stato pensato inizialmente come omaggio allo zio, eroe del 1812, poi decabrista e deportato in Siberia (se pur nobile e precettore dello zar Nicola I). E in Siberia era stato trent'anni, vivendo con i mužik, rifiutandosi di tornare quando alla fine il nuovo zar lo aveva amnistiato, “non tornerò fino a quando i contadini non saranno liberi” (ruolo cruciale della guerra per fare scoprire alla nobiltà i valori del popolo – il legame con i contadini veniva di fatto dal cameratismo militare, essere stati in battaglia assieme, aver sofferto assieme la fame, il freddo, la paura) (e improvvisamente si capisce questa dicotomia fra Andrej e Pëtr, con quella sua strana e incomprensibile passione per i contadini: sono la stessa persona, uniti da un evento che non si può nominare e quindi censurato, ovvero la ribellione contro lo zar).
Sua moglie, nobile anche lei, aveva chiesto di seguirlo nell'esilio. Ma era stata minacciata: avrebbe perso il titolo e il patrimonio, se lo seguiva. Ma era partita lo stesso per raggiungerlo. Lo zar allora aveva dato l'ordine: se prosegue, toglietele anche il figlioletto. Ma diteglielo solo quando sarà arrivata a Tomsk, in Siberia. Lì avrà capito cosa vuol dire veramente, la Siberia: e cederà. Ma lei, arrivata a Tomsk, non aveva ceduto, e piuttosto aveva perso la custodia e il diritto di rivedere il piccolo figlio amatissimo (da qui il modo di dire russo, tuttora in voga, per indicare una donna fedele: la moglie del decabrista). E il bello è che non si amavano già più, in realtà, lei si trovò rapidamente un altro: ma non poteva darla vinta all'assolutismo dello zar, suo marito non lo abbandonava nel momento della difficoltà.
Questa donna (la moglie del decabrista) compare incredibilmente in un altro monumento della letteratura mondiale: sono suoi i piedini che corrono sulla spiaggia, che danzano sui tappeti, che... eccetera eccetera, proprio quelli che compaiono nell'Evgenij Onegin di Puškin, anche lui innamorato di lei, ma vanamente. È la prima volta che i piedi femminili appaiono in una lirica occidentale come oggetto di ammirazione: secondo l'interpretazione freudiana (oggi passata di moda) starebbero ad indicare il sesso femminile (nel senso di organo sessuale) (interpretazione bizzarra). D'altra parte, quante occasioni c'erano nella fredda Mosca di vedere un piede femminile, se non a letto? E quindi, oltre ad essere il simbolo delle mogli fedelie il modello di una delle ragazze innamorate più famose del mondo, Marija Raevskaja (questo il suo nome) è anche la prima donna a cui sia stata dedicata una poesia alla sua figa.
Il rapporto con la servitù (in particolare femminile, le njanje) era comunque centrale negli uomini russi: vedi ad esempio Herzen (grandissimo autore poco conosciuto, il Passato e i Pensieri è una miniera inesauribile di osservazioni, intuizioni, battute, passione, intelligenza... ahimè, chi è che dice che l'Ottocento è stato un secolo parruccone?): come diceva lui,“per tutti i bambini russi, in salotto ci si annoia, nella stanza delle serve ci si diverte”; e quando la sua bambinaia durante un litigio aveva voluto colpirlo, gli aveva detto: “eh sì, cosa credi, anche tu diventerai un padrone come gli altri”, offendendolo tantissimo (divenne socialista ed esiliato). E Strawinskij, che pur si diceva internazionale e non russo, figurarsi, raggiunto da un giornalista nella sua casa di Los Angeles, venne trovato non solo circondato da icone, ma intento a mangiare la minestra con lo stesso cucchiaio che gli aveva regalato da piccolo la sua njanja! Njanje che peraltro si proponevano di accompagnare i loro padroncini in guerra, quando oramai fattisi grandi dovevano partire: ah no, senza di me come farai? Vengo anch'io. E la sera, finita la battaglia, faremo una torta.
E i militari russi, spediti ad Oriente a colonizzare i popoli asiatici, che invece ne assimilavano rapidamente usi e costumi? Di una colonia spedita in Jakuzia a colonizzare gli indigeni, i risultati dopo due anni erano: nessun jakuzo ha imparato il russo. L'80% dei russi adesso parla jakuzo.
Ma questi russi, se non esistessero bisognerebbe inventarli!


[Nel libro si coglie anche una possibile spiegazione, semplice e disarmante, dell'insoddisfazione tolstojana. Si scopre infatti che era follemente innamorato di una sua contadina, Aksin'ja Bazykina per la precisione, che però non aveva avuto il coraggio di sposare e neanche di liberare dalla servitù (come avevano cominciato a fare alcuni nobili suoi contemporanei). Aveva preferito mantenere il suo ruolo e i suoi privilegi (che fra l'altro gli consentivano di fare lo scrittore... anzi, uno degli scrittori più grandi di tutti i tempi!), e quindi era divorato dai sensi di colpa, si sentiva un vigliacco (e lo era). Per quanto banale, è plausibile. E anche Resurrezione si spiega come tentativo di superare questa sua vicenda autobiografica.  E anche la sua fuga da vecchio diventa comprensibile, è il tentativo di fare in estremo quello che non aveva avuto il coraggio di fare da giovane. E quindi non lasciate rimpianti nel cassetto, resteranno sempre lì a tormentarvi fino alla fine]

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